Noi siamo convinti che sia importante mangiare cibo del territorio nel quale ci si trova e, con gli ingredienti che la natura mette a disposizione su quel determinato territorio in quella determinata stagione, preferire la cucina locale.

Un contadino al lavoro (foto tratta da pixnio.com). In copertina, una foto da riminiturismo.com.

Questo, per una serie di motivi molto saggi. Innanzitutto, Il cibo locale è più fresco, è meglio conservato e dunque anche più nutriente, specialmente se lo acquistate in un mercatino agricolo o direttamente dai produttori. Una mela, un cocomero, un’insalata, ecc. che hanno viaggiato sono sicuramente meno ricchi di nutrienti. Si tenga anche conto che il ciclo della natura è progettato per supportare le vostre esigenze nutritive tutto l’anno: prodotti più calorici in inverno; più leggeri in estate.

Se ripensiamo ai nostri nonni, mangiavano ciò che la natura metteva a disposizione in un dato periodo dell’anno. Mangiare stagionalmente è il modo più naturale per farlo e aiuta anche a evitare di consumare la stessa cosa tutti i giorni, il che non è l’ideale per la tua salute. Preferire il cibo locale significa anche accorciare la catena della distribuzione e, dunque, produrre meno rifiuti perché ci sono meno imballaggi e trasporti di mezzo. E poi si aiutano i piccoli produttori locali che si sentiranno incoraggiati a diversificare le proprie colture. Questo, a sua volta, riduce la dipendenza da colture singole coltivate su una vasta area a discapito dei suoli.

Non c’è solo questo, ovviamente. I prodotti locali: frutta, verdure, farine, allevamenti, ecc. vanno a comporre i piatti locali che poi si amano gustare a casa propria perché hanno il sapore della “cucina della nonna” o della mamma, come ben spiegava il poeta Tonino Guerra (andate a rileggervi l’articolo della settimana scorsa). Quindi, se abitate a Torino, un gran bollito e una bagnacauda con verdure cotte e crude di stagione è quello che vi consigliamo di mangiare. Ossobuco e cassoeula se siete a Milano. Orecchiette alle cime di rapa e polpo alla pignata se siete in Puglia e così via.

La piadina romagnola.

Ma se siete ospiti dell’Hotel Doge, a Riccione, non avrebbe senso rimanere attaccati alla cucina di casa propria. Per lo stesso motivo per il quale quando si va all’estero non si dovrebbe pretendere di mangiare italiano ma cercare la cucina più popolare e semplice del luogo in cui ci si trova. Quindi, cosa preferire se sei in Romagna? Beh… c’è solo l’imbarazzo della scelta. E come non iniziare dalla regina del cibo romagnolo ormai conosciuta, copiata ed esportata in tutto il mondo ma che solo quando è preparata fresca con farina, sale, strutto e un pizzico di bicarbonato ti fa veramente salire in cielo? Avete capito bene: stiamo parlando della piadina romagnola: il pane povero di un tempo, oggi regina delle tavole romagnole e non solo.

Sulla piada (o piadina, come preferite) abbiamo scritto un articolo su questo blog. Qui ci limitiamo a osservare come più si vada verso il sud della Romagna (Rimini, Riccione, Cattolica) e più la piada tende ad assottigliarsi e a ingrandirsi. Più si sale verso Cesena, Forlì e Ravenna, più diventa spessa. Mentre se si risale verso l’interno, verso l’Appennino, oltre che più spessa si rimpicciolisce. Questo ha dato vita a due marchi Igp (Indicazione geografica protetta) che hanno pari dignità e valore: “piadina romagnola alla riminese Igp” e “piadina romagnola Igp”. Accompagnatele con erbe di campagna, il nostro formaggio tipico “Squacquerone”, salumi locali (prosciutto di Carpegna, ad esempio) o una fresca insalata e avrete risolto per la cena.

Coniglio in porchetta.

Ma potete utilizzarla anche come antipasto prima di un vero pranzo romagnolo. Quali sarebbero i primi da gustare? Che ne dite di un bel piatto di strozzapreti romagnoli o di cappelletti? Gli strozzapreti romagnoli (di paste fatte a mano che si chiamano strozzapreti ce ne sono anche in altre regioni) sono composti di sola acqua, farina e sale. Altro piatto povero della tradizione locale. Perché si chiamano strozzapreti non si sa bene. Esistono varie storie e leggende al riguardo e più o meno tutte hanno a che fare con l’eccessiva ingordigia dei prelati ai quali i contadini poveri auguravano di… strozzarsi mentre mangiavano.

I cappelletti della nostra zona prevedono un ripieno di formaggi freschi locali. Assolutamente vietata la carne. Questa è una delle differenze fra un cappelletto della Romagna del sud e un tortellino bolognese, ad esempio. Ma va detto che nella zona di Imola, Romagna del nord, la carne ce la mettono. Potete leggere qualche approfondimento in questo articolo.

Tra i secondi piatti di terra, il più romagnolo di tutti credo sia il coniglio in porchetta (che ha una grande tradizione

Un brodetto.

anche nelle Marche). Una portata di carne che si può gustare fredda e dunque è particolarmente accattivante d’estate con i suoi bei profumi di aglio e finocchio selvatico fresco che sono tra i suoi ingredienti.

E per finire con un piatto di mare, direi che un bel brodetto romagnolo di pesce (che tra Ravenna e Cattolica ha diverse interpretazioni) ci sta tutto. Anche in questo caso, pur nelle minuscole differenze del pescato che viene utilizzato, la costante è una sola: la materia prima deve essere freschissima. Un buon brodetto di pesce deve avere come protagonisti i pesci dell’Adriatico romagnolo appena tirati su con la rete, non si sgarra. In definitiva, sei in vacanza in Romagna? Vuoi farti del bene? Mangia romagnolo.