L’Italia è un Paese ricco dal punto di vista delle ricette perché, essendo stato per tanti secoli diviso e
dominato in lungo e in largo da popolazioni straniere, ha potuto prendere diverse tradizioni culinarie da molte culture. Sulla diversità enogastronomica ha poi inciso il territorio, così differente e variegato dalla Valle d’Aosta alla Sicilia. Lo specchio di questa ricca diversità la troviamo nei ragù che usiamo per condire la pasta. Se quello più classico è quello “alla bolognese” (al quale dedicheremo un articolo a parte), in realtà ogni regione (quando non ancora ogni città…), ha un suo modo di preparare il ragù. In un singolo articolo non possiamo davvero citare tutti quelli della Penisola ma cercheremo di elencarvi quelli più noti o particolari.
Partiamo dal ragù alla napoletana. E’, forse, uno dei più semplici da preparare ma richiede una cottura di almeno sei ore! Dentro ci sono manzo, maiale e costine di suino tritati grossolanamente al coltello e soffritti in semplice cipolla. Si sfuma col vino rosso e si copre il tutto con abbondante salsa di pomodoro. Basta spostarsi un po’ verso est per trovare qualcosa di completamente diverso: il ragù alla lucana. Ci trovate salsiccia e polpa di maiale, vitello e agnello tritati al coltello. Niente olio extravergine d’oliva che è sostituito dal lardo battuto al coltello con cipolla e prezzemolo. Si sfuma col vino rosso, si aggiungono un po’ di brodo di carne e il concentrato di pomodoro. In seguito si aggiungono i pomodori pelati, si sala e si lascia cuocere a fiamma molto bassa per tre ore.
Se scendiamo ancora verso sud, incrociamo il ragù calabrese. Potrebbe mancare il peperoncino in questo preparato? Certo che no. Infatti, il ragù di questa di questa regione vuole solo carne di maiale (rigatino, capocollo, polpa e cotiche) in soffritto di cipolla e nessun altro aroma tranne, appunto, il peperoncino. Dopo aver preparato il battuto di capocollo, rigatino, cotica e cipolla, si stufa in padella con olio e poca acqua. Poi si aggiunge la polpa di maiale, si sfuma col vino bianco e si aggiungono salsa di pomodoro e un peperoncino intero. Si cuoce per tre ore. Se scendiamo ancora un po’ e approdiamo in Sicilia, ci accorgeremo di come il ragù siciliano sia enormemente diverso da quello dei vicini calabresi. Tanto è “piccante” questo, tanto è “dolce” quello isolano perché composto da cipolla bianca, carota e piselli. Il gusto è garantito dal maialino nero dei Nebrodi e dal manzo. Si prepara così: si rosola in padella un trito abbondante di cipolla e carota. Si aggiunge la carne macinata di manzo e maiale con qualche tocco intero. Si sfuma col bianco e si completa con la salsa di pomodoro, sale e pepe. Dopo due ore e mezzo a fuoco lentissimo si aggiungo i piselli per un’altra mezz’ora di cottura.
Salpiamo dalla Sicilia per questo virtuale viaggio fra i ragù d’Italia e approdiamo nell’altra grande isola: la Sardegna. Nel ragù alla sarda troviamo i profumi di basilico e origano, le carni tenere del porcellino sardo e quelle sode della pecora. Magnifici contrasti. Si prepara un trito di aglio, cipolla e carota. Si aggiunge la polpa di porcellino macinata e si rosola. Solo dopo si aggiunge il trito di pecora. Si sfuma con vino bianco e si copre il tutto con pomodori pelati schiacciati. Si porta a bollore, si aggiungono sale e pepe e, a fine cottura, foglie di basilico e un po’ d’origano secco. Traghettiamoci dalla Sardegna al continente e arriviamo nel Lazio, dove non possiamo non citare il ragù d’abbacchio, nato per valorizzare i ritagli dell’agnello del pranzo pasquale. E’ leggero ma gustoso e saporito grazie all’utilizzo di aglio e rosmarino. Si pelano e schiacciano gli spicchi d’aglio che vanno in padella con olio e rosmarino. Quando saranno rosolati, si toglie il rosmarino e si aggiunge la carne tritata al coltello che va cotta per dieci minuti. Si sfuma con vino bianco. Quanto questo è evaporato, si aggiunge la salsa di pomodoro e si cuoce per soli sessanta minuti.
Risaliamo la penisola e arriviamo in Toscana. In questa regione il ragù più tradizionale è quello di
cinghiale, originario della Maremma. Per preparare bene questo condimento occorre marinare per almeno cinque ore la carne di cinghiale con sedano a dadini, carote, cipolle, bacche di ginepro e qualche foglia d’alloro. La marinatura esalterà il sapore del cinghiale. Tritate il tutto (tranne la carne) e iniziate a rosolare e a sfumare con vino bianco. Infine, coprite con la salsa di pomodoro e cuocete per tre ore. Saliamo in Liguria e troviamo il ragù di maiale in bianco, l’unico che non prevede l’utilizzo del pomodoro. Si prepara così: si fa sciogliere della pancetta affumicata in una pentola antiaderente calda; in un’altra pentola su un fondo di olio extravergine si aggiungono carota, scalogno e pinoli tritati. Si rosola il tutto e si aggiunge solo carne di maiale ben grassa. Poi si bagna con il vino bianco e si aggiungono sale, pepe, cannella, noce moscata e chiodi di garofano. Si cuoce per mezz’ora.
Infine, chiudiamo questo parziale excursus fra i ragù nazionali con quello di casa nostra, il ragù romagnolo. A parte le varianti di ogni tradizione familiare, nella terra del Passatore questo condimento prevede di preparare un soffritto di cipolla, sedano e carota. Per prima va aggiunta la salsiccia che dovrà essere ben rosolata. Poi si aggiungono manzo e polpa di maiale. Si sfuma col vino bianco. A differenza del ragù bolognese, in questo caso si utilizza la salsa di pomodoro e non il concentrato. Infine, oltre al sale, si mette un pizzichino di zucchero, utile a togliere acidità alla salsa. Si cuoce per quattro ore a fuoco lento.
Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.