Se immaginiamo la storia della cucina italiana moderna come un edificio, Pellegrino Artusi è l’uomo che a quell’edificio ha dato le basi: il capocantiere, il capomastro, l’iniziatore. Mettiamola un po’ come si vuole, ma certamente questo “maestro della gastronomia” romagnolo è così importante che si deve parlare di una “scienza gastronomica” prima e dopo di lui. Del resto, chi ha la pazienza di leggere questo piccolo blog, se digita il suo nome nel link di ricerca, potrà trovare articoli su articoli che lo citano. E non potrebbe essere altrimenti.

Chi era Pellegrino Artusi?

Pellegrino Artusi nasce il 4 agosto 1820 a Forlimpopoli, al tempo parte dello Stato Pontificio. Di origine

Stefano Pelloni, “il Passatore”. In copertina, Pellegrino Artusi in un ritratto d’epoca.

medio borghese, inizia la sua carriera come commerciante di tessuti. Figlio di Agostino (detto Buratèl, cioè “piccola anguilla”), e di Teresa Giunchi, nativa di Bertinoro, si ritrova in una famiglia numerosa: i genitori mettono al mondo ben tredici figli, nove femmine e quattro maschi, questi ultimi tutti morti in tenera età eccetto Pellegrino, il quale venne battezzato con questo nome in onore del santo forlivese Pellegrino Laziosi. Artusi fa un percorso di studi irregolare e praticamente da autodidatta, perché, come lui stesso racconta nella sua autobiografia, stabilito di fargli intraprendere la carriera di famiglia, il padre pensò che non fosse necessaria tanta istruzione per fare il commerciante. Artusi scriverà: “Quando poi, fatto adulto, ho riflettuto a questo consiglio non mi parve dato da gente savia perché un fondo d’istruzione ben data in qualunque caso è sempre giovevole”. Artusi si costruirà quel fondo d’istruzione inizialmente viaggiando per imparare le pratiche del commercio e, poi, appassionandosi ai classici.

Artusi e Stefano Pelloni, il “Passatore”

La vita della famiglia Artusi venne sconvolta per sempre il 25 gennaio 1851, giorno in cui il pericoloso brigante Stefano Pelloni, meglio noto come il Passatore, assaltò Forlimpopoli insieme alla sua banda con l’intento di rapinare le famiglie più ricche del paese e le varie istituzioni. La data non fu scelta a caso; quella sera i forlimpopolesi benestanti non erano presenti nelle loro case perché si erano quasi tutti ritrovati nel piccolo teatro all’interno della rocca per assistere al dramma “La morte di Sisara”. Catturati i pochi soldati e gendarmi papalini che presidiavano Forlimpopoli, la banda penetrò in sala, ordinando a tutti i presenti di consegnare i preziosi. Il brigante prese in ostaggio all’interno del teatro i rappresentanti delle migliori famiglie, rapinandoli. Successivamente costrinse un amico degli Artusi, i quali non si trovavano a teatro, a farsi aprire la porta della loro abitazione con uno stratagemma e, una volta entrati in casa malmenarono Pellegrino e iniziarono a far razzia d’ogni cosa. Terminata la raccolta del bottino, i criminali violentarono alcune donne, tra le quali Gertrude Artusi, sorella di Pellegrino, che, impazzita per lo shock, dovette essere ricoverata al manicomio di Pesaro dove poi morì; un’altra sorella rimase invece ferita. In seguito a questo episodio, la famiglia Artusi decise di abbandonare Forlimpopoli e nel maggio di quello stesso anno si trasferì a Firenze, capitale dell’allora più sicuro Granducato di Toscana.

Artusi baby pensionato

La copertina di “La Scienza in Cucina e l’Arte di Mangiare Bene”.

Quando Firenze divenne capitale d’Italia nel 1865, Artusi decise di lasciare la mai amata attività commerciale e prima del 1870, neanche cinquantenne, si ritirò a vita privata per godere il frutto delle sue fatiche. Non si diede all’ozio. Scrisse dei libri: “Vita di Ugo Foscolo” nel 1878 e “Osservazioni in appendice a trenta lettere di G. Giusti”, nel 1880. Iniziò anche a scrivere ricette di cucina, avvalendosi di esperienze antiche e nuove. Pubblicò poi le sue creazioni nel famosissimo e dai noi pluricitato “La Scienza in Cucina e l’Arte di Mangiar Bene” nel 1891. Sposate le sorelle e morti i genitori, poté vivere di rendita, grazie al capitale accumulato con la vendita del suo ricettario e alle tenute che la famiglia possedeva in Romagna.

Pellegrino Artusi e il suo capolavoro

La prima edizione di “La Scienza in Cucina e l’Arte di Mangiar Bene” fu il momento più significativo

Corso di cucina a Casa Artusi. Foto di fugzu tratta da flicr.com.

della vita di Artusi: scrisse un’opera che sarebbe diventata un capolavoro della letteratura gastronomica italiana e che avrebbe avuto altre undici edizioni, sempre curate dallo stesso Artusi. È il primo libro di cucina italiano moderno e con le sue 475 ricette contribuirà in modo significativo a definire l’identità culinaria nazionale rendendola accessibile a un pubblico più ampio e trasmettendo le tradizioni alle generazioni future. La sua capacità di celebrare la diversità regionale mentre promuoveva un senso di unità nazionale è un elemento chiave del libro e della sua eredità.

La morte e l’eredità di Pellegrino Artusi

Pellegrino Artusi muore il 30 marzo 1911 a Firenze, all’età di 90 anni. Nonostante non avesse eredi diretti, il suo lascito continua a vivere attraverso i suo libro più famoso e attraverso il lavoro di Casa Artusi a Forlimpopoli la quale, ispirandosi allo spirito e al modello della “Scienza in Cucina”, persegue obiettivi di promozione della figura e dell’opera di Pellegrino Artusi, attraverso il contributo di ricerca del Comitato Scientifico e dell’attività formativa della scuola di cucina.