Nelle scorse settimane abbiamo tracciato i profili di diversi personaggi che, pur facendo altro nella vita, sono in qualche modo indissolubilmente legati all’enogastronomia italiana: Ugo Tognazzi, Gianni Brera, Luigi Veronelli. Se volessimo trovare un padre putativo a questi eccellenti conoscitori del cibo e dei vini italiani, questi dovrebbe essere Mario Soldati. Soldati, lo scriviamo per i più giovani che probabilmente non hanno letto niente di suo, né visto un suo film, né un suo sceneggiato tv, è stato uno degli uomini più influenti nel mondo della cultura italiana del XX secolo. Nato a Torino nel 1906, ha segnato tutta la storia del Novecento con le sue opere. E, siccome il suo talento non si esplicava solo in una direzione Aldo Grasso, critico culturale del Corriere della Sera, in un articolo del 2016 si chiese se non fosse “Il primo vero media-man della cultura italiana. In fondo, ha lasciato opere memorabili sia alla letteratura, sia al cinema che alla Tv”. Probabilmente lo è stato.
Soldati scrittore, regista e sceneggiatore
La produzione di Mario Soldati è davvero ampia. Noi, per inquadrare il personaggio, ci limiteremo a dire che vinse
il premio Strega nel 1954 con il Romanzo “Lettere da Capri”; che un anno prima aveva diretto uno dei suoi film più famosi: “La Provinciale”, tratto dal romanzo di Alberto Moravia; che il primo film in assoluto trasmesso dalla neonata Rai il 3 gennaio del 1954 fu una sua opera: “Le miserie del signor Travet”. Nel 1967 pubblicò un altro libro fortunatissimo: “I Racconti del Maresciallo” che l’anno dopo diventò uno sceneggiato televisivo per la regia di Mario Landi. Nel 1984, venne trasmessa in tv una nuova edizione dei “Racconti del Maresciallo”, stavolta per la regia di Giovanni Soldati, uno dei figli di Mario.
Soldati nella valle del Po
I romanzi, gli sceneggiati e i film di Soldati che ebbero successo sono davvero tanti e non perderemo tempo a elencarli tutti perché a noi interessa parlare di una sorta di “reportage enogastronomico” che la Rai mandò in onda nel 1957. Si intitola: “Alla ricerca dei cibi genuini – Viaggio nella valle del Po”. Soldati ne fu ideatore, regista e conduttore. E’ una delle trasmissioni più importanti della storia della televisione italiana. Dalla maggior parte dei critici è considerata un documento d’importanza antropologica perché scava negli usi, nei costumi e nelle abitudini, non solo culinarie, delle popolazioni di quei luoghi. Per restare nel nostro campo d’interesse, con “Alla ricerca dei cibi genuini – Viaggio nella valle del Po”, nasce la figura del giornalista enogastronomico televisivo. Ed è per questo motivo che possiamo considerare Mario Soldati il “padre putativo” di tutto ciò che ruota attorno all’enogastronomia televisiva di oggi.
I rubatà dei Savoia
In questa sua inchiesta, Soldati compie un viaggio di dodici puntate lungo il Po durante il quale i segreti delle varie cucine sono un’occasione per mettere in azione il suo gusto di letterato e cineasta, con uno sguardo curioso capace di cogliere spunti ed immagini che narrano la vita della provincia: gente, tradizioni, civiltà e costumi. Un atto d’amore verso un mondo che, già a quel tempo, Soldati temeva sarebbe scomparso, inghiottito dalla produzione massificata e dalle multinazionali del cibo. Il telespettatore di allora ebbe così modo di scoprire tante storie legate al cibo. A partire, fra gli altri, dai rubatà, cioè dai grissini torinesi (rubatà in piemontese significa “stirato e arrotolato”), nati da un’idea del dottor Teobaldo Pecchio che era medico di corte del Duca Vittorio Amedeo II, succeduto nel 1657 al padre Carlo Emanuele II a soli nove anni. Vittorio Amedeo II era magrissimo, mangiava poco ed era spesso vittima di malanni. La leggenda narra fosse allergico alla mollica del pane. Ed è per questo che al dottor Pecchio venne in mente di chiedere ai cuochi di corte di preparare un pane gustoso ma senza mollica. Nacquero così i grissini e Vittorio Amedeo ne mangiò così tanti da diventare robusto e cocciuto, come un vero piemontese.
Le rane fritte con Gianni Brera
Scendendo verso la foce del Po, arrivato a Pavia, Soldati si ferma alla Antica Trattoria Ferrari per gustare le
rane fritte in compagnia di un vecchio amico pavese del quale abbiamo già scritto: Gianni Brera. L’occasione dell’incontro fu la degustazione di rane fritte, ma, una volta lì, come si legge sul sito della Antica Trattoria Ferrari che ancora esiste e lavora: “Il regista aveva avuto modo di conoscere tutta la cucina pavese: salame d’oca, risotti e bolliti, polenta e selvaggina o polenta e zola, funghi di pianura e tartufi di collina, dolci pangialdine…”. La ricetta delle rane fritte è semplice ma gustosa. Gli ingredienti sono: mezzo chilo di rane; farina bianca; limone; olio di semi; sale. Questa la preparazione: pulite, lavate e asciugate accuratamente le rane. Preparate una pastella per impanare con acqua e farina. Buttatele in una padella con olio caldo e friggete per qualche minuto. Toglietele dalla padella ed eliminate l’olio in eccesso con della carta assorbente. Servite con un pizzico di sale e una spruzzatina di limone.
Ogni puntata è l’occasione per raccontare persone, storie, culture contadine e piatti, compiendo un’opera di “raccolta” culturale ancor oggi interessantissima. Ovviamente non possiamo citare tutte le ricette e le storie ma sappiate che otto delle dodici puntate di questo capolavoro televisivo sono oggi fruibili su Youtube e anche sul sito Raiplay.it. Vale la pena dare loro un’occhiata per conoscere e scoprire le storie antiche della cucina padana da Torino al Delta del Po.
Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.