C’è buccia e buccia. Alcune non sono proprio edibili ma altre lo sarebbero se solo non fosse passata l’abitudine, in molte persone, di non mangiare mai le bucce di frutta e verdure perché “potrebbero contenere veleni”, dove per veleni s’intendono prodotti chimici che l’agricoltura tende a usare per aiutare il frutto o la pianta nella sua maturazione.
Ora, è chiaro che ci sono bucce che proprio, anche volendo, non si possono mangiare (pensiamo ai gusci delle noci o delle noci di cocco) ma riflettiamo anche sul fatto che alcune popolazioni del nord del mondo hanno saputo ricavare delle farine dalla corteccia interna degli alberi, cioè dalla parte mangiabile, essendo quella esterna assolutamente non commestibile. L’hanno fatto i Sami finlandesi e svedesi che dalla corteccia interna del pino ricavavano una farina buona per il pettuleipa, un loro pane tradizionale, e gli indiani Adirondack canadesi con gli alberi che trovavano a disposizione nel freddo Canada. Questi espedienti hanno permesso la sopravvivenza di queste popolazioni in anni particolarmente freddi nei quali i raccolti di cereali erano ridotti ai minimi termini. Insomma, se questi popoli rendevano commestibile l’interno delle cortecce, perché noi non dovremmo mangiare qualche buccia molto più “malleabile”?
Ma quali sono le bucce che possiamo mangiare? Tantissime, ovviamente. Una delle più sorprendenti è quella della banana. Secondo Susie Burrell, una dietista australiana, la buccia di qyesto frutto andrebbe frullata a crudo oppure cotta perché, secondo lei: “Aumenta il contenuto di fibre che si va a ingerire del 10%; quello di vitamina B6 e di vitamina C del 20% e si aumenta l’assunzione di potassio e magnesio”. Non solo, sempre secondo la Burrell, le bucce gialle contengono un’elevata proporzione di agenti antiossidanti associati a effetti anti cancro; quelle più verdi, di banane non ancora arrivate a maturazione, sono ricche di amido resistente, una fibra nota per favorire la salute dell’intestino. Queste ultime è obbligatorio bollirle prima di gustarle.
Ovviamente ci sono bucce molto meno “problematiche” da mangiare e non gettare nell’umido. Gli esempi più classici sono quelli delle bucce di mele, arance e limoni. Lisa Casali, una scienziata ambientale di Forlì trapiantata a Milano, nel suo “Il Grande Libro delle Bucce” scrive che la buccia della mela da agricoltura convenzionale (non biologica), contiene il 700% in più di vitamina C rispetto alla polpa e il 320% in più di fibre. L’albedo del limone, cioè la parte bianca e morbida che si trova fra la polpa e la buccia, contiene il 332% in più di flavonoidi rispetto alla polpa e la buccia, il 300% in più rispetto allo stesso albedo. I flavonoidi sono dei composti che si trovano in natura e prevengono numerose malattie essendo potenti antiossidanti. La scorza dell’arancia contiene il 349% in più di polifenoli (altre molecole antiossidanti naturali) rispetto alla polpa e il 243% in più di fibre. Tutte percentuali positive che aumentano ancor di più se prendiamo in considerazione frutti provenienti da agricoltura biologica. Insomma, quando i nostri nonni non buttavano via le bucce degli agrumi e le candivano per conservarle e gustarle, forse ci avevano visto giusto.
Come dicevamo all’inizio, la resistenza, del tutto comprensibile, a mangiare o a utilizzare in cucina bucce e scorze viene dall’idea che queste siano il ricettacolo di tutti i fitofarmaci che l’agricoltura industrializzata utilizza. Una recente indagine di Altroconsumo (l’Associazione che tutela i diritti dei consumatori) ha trovato residui di fitofarmaci, in particolare su frutta e verdure provenienti da agricoltura convenzionale, ma questi erano sempre inferiori ai limiti imposti dalla legge. E quelli con maggiori presenze di pesticidi provenivano dall’estero. Dunque, per mangiare frutta con la buccia in tutta sicurezza, basta lavare bene i prodotti (magari utilizzando anche una spazzolina) e ricordarsi di comprare italiano.
Se agiremo in questo modo, salveremo dalla pattumiera quasi il 50% del peso della frutta e della verdura che compriamo e anche buona parte dei fitocomposti che vi si trovano. Che cosa sono i fitocomposti? Sono delle sostanze presenti nelle piante per le quali svolgono le funzioni di allontanare i predatori naturali e di proteggerle dai raggi UV. Inoltre, supportano il processo d’impollinazione. All’interno di una dieta equilibrata, una persona dovrebbe assumere circa 1,5 grammi di fitocomposti al giorno. Tra questi ci sono i flavonoidi che ricordavamo prima; i carotenoidi che proteggono l’organismo dalla luce in eccesso; i fitosteroli che riducono il livello di colesterolo cattivo nel sangue; i solfuri che aiutano la circolazione; i glucosinolati che sembrano difendere il corpo dall’aggressione delle cellule tumorali e i fitoestrogeni che sono utili a combattere i disturbi della menopausa.
Insomma, tranne i casi in cui la buccia non sia espressamente o chiaramente non edibile, mangiarle fa più bene che male.
Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.