La Stracciatella è un piatto povero della tradizione romagnola ma con una storia di secoli alle spalle. L’origine di questa minestra la troviamo nella Roma papalina del sedicesimo secolo. Nonostante l’Urbe fosse la capitale dello Stato Pontificio, anche per i romani di quel periodo, la carne (e il brodo di carne), non erano piatti che si consumavano frequentemente. Come nelle campagne e nelle regioni più lontane dalla Città Santa, si faceva molta attenzione al “riutilizzo”, nonostante il prezzo della carne fosse stabilito e tenuto molto basso per legge. Come mai?
Lo spieghiamo con una piccola divagazione storica. Nella Roma papalina, perlomeno dal milleduecento fino al 1870, anno della fine del potere temporale dei papi, il prezzo della carne era stabilito dai magistrati della Grascia o Conservatori Capitolini. Questi erano un po’ come dei consoli dell’antica Roma e avevano la responsabilità diretta di “far funzionare” la capitale dal punto di vista economico e amministrativo. Tra le loro scelte, ci fu sempre quella di mantenere costante il prezzo di vendita all’ingrosso e al dettaglio della carne (e così del grano e del pane), in modo che tutti potessero averne, almeno una volta l’anno (soprattutto per festeggiare degnamente il Natale). Questa politica, da un lato permetteva alla maggioranza delle persone di “avere un tocco di carne” ma, dall’altra, rendeva antieconomica la gestione delle campagne nelle province dello Stato Pontificio. Chi coltivava grano e allevava animali, non aveva un giusto guadagno e questo rese le campagne laziali, umbre, marchigiane e romagnole, ancor più povere di quanto già non lo fossero. Se ci pensiamo, è un po’ come oggi: un difficile equilibrio economico da cercare costantemente fra produttori, commercianti e consumatori.
Tornando alla nostra Stracciatella, nei giorni seguenti al pranzo natalizio, si riciclava in qualche modo il brodo di carne che spesso e volentieri era brodo di gallina. Secondo il sito La Cucina Italiana, la ricetta tradizionale della Stracciatella romana è questa: “Si porta a ebollizione il brodo di carne e nel frattempo si sbattono le uova, alle quali si aggiungeranno prezzemolo e parmigiano grattugiato. Si regola di sale, si aggiunge il pepe e infine si getta il composto nel brodo, abbassando la fiamma. Si mescola il tutto e alla fine si serve questa “crema” con delle fette di pane abbrustolito”. Il nome Stracciatella deriva dal fatto che l’uovo sbattuto, a contatto con il brodo, assume l’aspetto di piccoli “straccetti sfilacciati”.
Ben presto la notorietà questa minestra varca le mura capitoline e arriva fino agli angoli più lontani dello Stato Pontificio, segnatamente nelle Marche e in Romagna, dove diventa un piatto della tradizione natalizia e pasquale. In alcune zone della Romagna assume anche altri nomi: “Tardura”, dal termine dialettale che significa “tiratura” perché viene mescolata anziché impastata come, al contrario, avviene per i passatelli. Oppure “Minestra del Paradiso” perché ha una consistenza leggerissima che si scioglie in bocca e sembra di mangiare qualcosa di etereo.
A proposito della Minestra del Paradiso o Stracciatella che dir si voglia, il nostro citatissimo amico Pellegrino Artusi da Forlimpopoli, ne scrive nel suo celeberrimo “La Scienza in
Cucina e l’Arte di Mangiar Bene” ma senza troppo entusiasmo. “È una minestra sostanziosa e delicata – afferma il padre della gastronomia italiana moderna – ma il Paradiso, fosse pur quello di Maometto, non ci ha nulla che fare”. La sua ricetta è questa: “Montate sode quattro chiare d’uovo, incorporateci dentro i rossi, poi versateci quattro cucchiaiate non tanto colme di pangrattato fine di pane duro, altrettanto di parmigiano grattato e l’odore della noce moscata. Mescolate adagino onde il composto resti soffice e gettatelo nel brodo bollente a cucchiaini. Fatelo bollire per sette od otto minuti e servitelo. Questa dose potrà bastare per sei persone”.
Questa, invece, una ricetta attuale per preparare la Stracciatella romagnola.
Ingredienti (dosi per quattro persone)
- Un litro e mezzo di brodo di carne
- quattro uova
- otto cucchiai da cucina di Parmigiano Reggiano grattugiato
- otto cucchiai da cucina di pangrattato
- mezzo cucchiaino di noce moscata grattugiata
- La buccia grattugiata di un limone (a scelta)
- Un pizzico di sale
Preparazione
Fate bollire il brodo. Nel frattempo, rompete le uova all’interno di una zuppiera. Battetele un poco e, quindi, aggiungete tutti gli altri ingredienti. Mescolate bene con la frusta o con una forchetta fino a ottenere una pastella morbida. Dovesse risultare troppo “dura”, aggiungete qualche cucchiaio di brodo e continuate a mescolare. Quando il brodo bolle, abbassate la fiamma e versate l’impasto. Rialzate la fiamma, mescolate con la frusta e fate bollire ancora per qualche minuto. Servitela calda.
Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.