Per farvi capire l’importanza di questo insaccato, possiamo dirvi che ha trovato ospitalità in un battistero e in un museo. Stiamo parlando del salame Felino (o di Felino) Igp, cioè a indicazione geografica protetta. Un salume di suino prodotto nella piccola cittadina parmense che conta meno di 10mila abitanti, nonché in alcuni comuni limitrofi come Langhirano, molto più nota per il prosciutto di Parma, e Sala Baganza.
Per capire come questo salame sia finito in un edificio religioso e in un museo, dobbiamo raccontarne un po’ la storia.
I primi riferimenti a questa leccornia li troviamo già nel “De Re Cocquinaria” di Marco Gavio Iapicio, un autore e cuoco romano, progenitore degli attuali critici gastronomici, che nel nostro blog abbiamo già incontrato diverse volte, ad esempio quando abbiamo scritto di lasagne e di porchetta. Non deve quindi stupire che Benedetto Antelami, nell’edificare e abbellire il battistero di Parma al quale lavorò a partire dagli ultimi anni del XII secolo, avesse scolpito una formella sulla quale raffigurò l’asciugatura di un salame in una cucina. Secondo i critici d’arte e gastronomici, vista la forma e le dimensioni, si trattava proprio di un salame Felino.
Nel corso dei secoli, diventa cibo abituale sulle ricche mense delle corti che si sono succedute a Parma: dai Farnese, ai Borbone, a quelle della duchessa Maria Luigia. Nel 1766 un censimento dei suini indica che il Marchesato di Felino era la piazza più vivace del circondario per il mercato suinicolo e, nello stesso periodo, si rinvengono calmieri riferiti al territorio felinese che quotano il salame magro e quello grasso. Agli inizi dell’Ottocento le cronache giornalistiche segnalano la presenza di un particolare modo di trasformazione dalla carne suina al salame nel territorio di Felino. E, finalmente, nel 1905, nel dizionario italiano compare la dizione “Salame Felino”. E’ la consacrazione di questo prodotto che oggi trova un’ulteriore conferma nell’istituzione del museo del salame Felino che si trova nelle spaziose cantine settecentesche del castello della cittadina emiliana. Il percorso museale è suddiviso in cinque sezioni: analisi storica del rapporto tra salame e territorio; testimonianze dell’impiego del salame a Parma; norcineria e produzione casalinga; tecnologia della produzione e della commercializzazione del prodotto e, infine, raccolta di curiosità storiche.
Le caratteristiche che lo rendono riconoscibile sono la morbidezza, il sapore delicato e il profumo intenso, dovuti alla qualità della carne e ai tagli utilizzati, alla tecnica di lavorazione e alla stagionatura. Va detto che Felino è il paese ideale per la stagionatura dei salumi: si trova a 185 metri sul livello del mare e gode di un clima temperato e ventilato. Il disciplinare di produzione è molto rigoroso. Ne citiamo alcune parti: “Il salame Felino Igp deve avere forma cilindrica, con un’estremità più grossa dell’altra e una superficie esterna di colore bianco-grigiastra leggermente pulvirolenta determinata dallo sviluppo superficiale di una modica quantità di muffe autoctone”. Per quel che riguarda la zona di produzione: “E’ identificata nel territorio amministrativo della Provincia di Parma”. Il processo produttivo prevede che: “Ogni fase venga monitorata documentando per ognuna gli input e gli output. In questo modo, e attraverso l’iscrizione in appositi elenchi, gestiti dalla struttura di controllo, degli allevatori, dei macellatori, dei sezionatori, dei produttori, degli stagionatori e dei confezionatori/porzionatori; nonché attraverso la dichiarazione tempestiva alla struttura di controllo delle quantità prodotte, è garantita la tracciabilità del prodotto”. Fra le caratteristiche obbligatorie richieste ci sono: “Un peso compreso fra 200 grammi e 4.5 chilogrammi e una forma cilindrica irregolare con una lunghezza compresa tra 15 e 130 centimetri”. Dal punto di vista organolettico deve essere: “Un salame compatto, di consistenza non elastica, dall’aroma delicato e dal gusto dolce e delicato. Il colore deve essere rosso rubino, senza macchie”.
Il salame Felino si produce con pura carne di suino. L’impasto è costituito da carne di maiale chiamata “trito di
banco”, all’incirca composta da un 70% di magro e da un 30% di parti grasse. La macinazione avviene con trafile medie, ottenendo un impasto a grana medio-grossa al quale si aggiungono sale e pepe a grani interi. Dopo la macinazione vengono aggiunti anche aglio e pepe pestati in un mortaio e sciolti in vino bianco secco. L’impasto viene insaccato in budello naturale suino. Per la confezione si utilizza il budello gentile, un budello liscio e spesso. La stagionatura dura solitamente dai due ai tre mesi. Quando si gusta, il taglio deve essere trasversale: s’inserisce il coltello in diagonale partendo dalla “schiena” del salame verso la punta. Lo spessore deve essere di circa tre millimetri.
I suoi valori nutrizionali sono importanti: un etto di salame Felino fornisce il 19% della vitamina B2 e il 15% del ferro necessari in un giorno. Le calorie fornite sono 375. Non poche ma… tre fette di salame non hanno mai ucciso nessuno. Basta non esagerare.
Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.