Il risotto allo zafferano è un piatto tipico della tradizione lombarda e si basa su due prodotti della natura
originariamente provenienti dall’Asia (il riso) e, molto probabilmente, dall’isola di Creta (lo zafferano). Il riso è stato trattato diverse volte in questa rubrica e non ci torneremo su ma qualche parola sullo zafferano vale la pena di spenderla. Gli storici della botanica sono parzialmente concordi nel ritenere che la pianta progenitrice di quella attuale sia il Crocus Cartwrigthianus, il quale cresce proprio sull’isola culla della civiltà minoica. Il nome deriva dall’arabo za’faran, equivalente al persiano zaafara. In Italia questa denominazione fu adottata stabilmente a partire dal milletrecento mentre in epoca romana il termine con il quale questa spezia era indicata era Crocus e proveniva dal greco antico Κρόκος (Krókos). Attorno a questo fiore sono nate diverse leggende già nel periodo della Grecia classica. Secondo quella più nota, Krokos era un bel giovane che amava la ninfa Smilace. Pare non fosse corrisposto e così gli dei avrebbero deciso di tramutare i due in un’unica pianta, il Crocus/zafferano, perché vivessero insieme per sempre. Evidentemente, ai greci non sfuggiva la natura ermafrodita di questo vegetale che presenta caratteristiche maschili e femminili insieme.
Dal Mediterraneo e dall’antica Grecia, lo zafferano si sarebbe diffuso soprattutto nell’Asia occidentale e in Egitto, risalendo poi in tutta Europa. La sua storia documentata comincia con un trattato botanico assiro del VII secolo avanti Cristo. E va detto che proprio in quella regione, oggi riconducibile all’Iran e all’Iraq, lo zafferano ha trovato l’ambiente migliore per crescere e moltiplicarsi, tant’è che attualmente la produzione iraniana di zafferano rappresenta il 90% di quella mondiale.
Stabilito che questo tipo di risotto, tanto caro alla tradizione lombarda, non sarebbe mai esistito se non fossero intercorsi, da centinaia e centinaia d’anni, scambi commerciali e culturali con altri Paesi anche lontani, andiamo a raccontare come si prepara questo buonissimo piatto. E partiamo dagli ingredienti: tre etti di riso Carnaroli; un cucchiaino di zafferano in pistilli; un litro di brodo vegetale; 125 grammi di burro; una cipolla; mezzo bicchiere di vino bianco; 100 grammi di grana padano; acqua e sale q. b.; zafferano in pistilli per guarnire q. b.
La preparazione: s’inizia la sera prima mettendo a macerare i pistilli dello zafferano in un po’ d’acqua in modo che rilascino il loro tipico colore giallo/oro. Preparate il brodo vegetale e tritate la cipolla molto finemente in modo che si sciolga durante la cottura. Mettete in un tegame, a fuoco dolce, 50 grammi di burro e versateci il trito di cipolla. Allungate con il brodo per non far asciugare il soffritto. A questo punto potete aggiungere il riso per farlo tostare per circa tre o quattro minuti. Sfumate con il vino bianco. Quando questo sarà evaporato, continuate con la cottura per altri venti minuti circa aggiungendo il brodo man mano che sarà assorbito dal riso. Ricordatevi che i chicchi devono essere sempre coperti. Cinque minuti prima della fine della cottura, versate l’infuso di zafferano che avevate preparato la sera prima e mescolate. Il riso assumerà un bel colore giallo/oro. Terminata la cottura, salate e mantecate col burro che resta e col grana padano. Lasciate riposare un paio di minuti e poi guarnite con i pistilli che avevate tenuto da parte. Il gioco è fatto!
Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.