Il radicchio è una verdura con innumerevoli qualità. Con sole 23 calorie l’etto, è un contorno perfetto. La sua principale
caratteristica è stimolare intestino, reni, fegato e pancreas determinando un effetto depurativo e digestivo e aiutando il metabolismo dei grassi. Ha anche il pregio di trattenere gli zuccheri presenti nel sangue grazie alle sue fibre e per questo è consigliato a chi soffre di diabete di tipo 2. Inoltre, se ne consiglia l’assunzione per contrastare radicali liberi e invecchiamento cellulare. Infine, è un cardiotonico e riesce anche ad aiutare il rilassamento grazie agli aminoacidi triptofano che combattono l’insonnia. Non male, vero?
Il termine radicchio viene dalla parola latina radiculus, maschile di radicula (piccola radice), diminutivo di radix (radice). La Radicula per gli antichi romani era la cicoria e il radicchio è, in effetti, una creazione botanica che parte proprio dalla cicoria, più esattamente dalla sottospecie selvatica Cichorium Intybus Foliosum. Il sapore amarognolo del radicchio viene proprio dall’acido cicorico che contiene.
All’incirca il 65 per cento degli ettari di terra coltivati a radicchio in Italia è in Veneto dove troviamo diverse tipologie di Igp (Indicazione geografica protetta): radicchio di Verona, di Chioggia, di Treviso e di Castelfranco Veneto. Il radicchio di Verona si raccoglie dai primi d’ottobre (quello precoce) o da metà dicembre (quello tardivo, più croccante). Il disciplinare di produzione del tardivo prevede un “imbianchimento” che sottrae la pianta dalla luce diretta del sole e favorisce la
nascita di foglie interne più scure e croccanti. Il radicchio di Chioggia precoce si raccoglie tra aprile e luglio e il tardivo tra settembre e marzo e, a differenza del veronese, questo non è ovale ma sferico.
Nel radicchio di Treviso, la differenza fra precoce e tardivo è più evidente. Il primo ha foglie larghe come quello veronese e subisce un breve imbianchimento già nel campo, dove è coltivato. Il tardivo è molto più costoso; il lembo delle foglie è ridotto e stretto attorno alla costa e la forma è come una fiamma, la quale si ottiene grazie a un imbianchimento molto più complesso. Ma cos’è questa procedura detta imbianchimento? E’ una tecnica (che può variare a seconda dei territori), che “toglie” la luce alla
pianta la quale disattiva così la produzione di pigmenti foto sintetizzanti come la clorofilla e modifica il contenuto interno di proteine, fibre e acqua dando luogo a tessuti meno amari e più croccanti.
Completiamo il panorama sui radicchi veneti parlando di quello variegato di Castelfranco. Questo deriva dall’indivia scarola e dal radicchio rosso tardivo di Treviso. Dalla prima prende le foglie grandi color verde chiaro; dal secondo la tonalità rossa. Spieghiamo meglio: è un radicchio verde pezzato di rosso (vedi la foto dedicata) ma, dopo l’imbianchimento, il verde diventa color panna. La forma è a fiore. Un altro radicchio che assomiglia a un bellissimo fiore (e qui usciamo dal Veneto) è il radicchio rosso di Gorizia che si produce in Friuli Venezia-Giulia. Dal colore molto rosso, ne esiste una varietà di color rosa/giallo. Una tonalità che si è ottenuta incrociando questo radicchio con la cicoria bionda di Trieste.
Il radicchio rosso di Gorizia è il più costoso al mondo perché la sua coltivazione (non intensiva) richiede molta manodopera. Online si trova a 30 euro al chilo e, oltre ad essere mangiato, si presta anche per grappe, amari e creme. I radicchi possono essere anche verdi, non solo rossi (di quello di Chioggia, ad esempio, esiste la variante verde). Tra questi, uno di quelli di maggior successo è il “Pan di Zucchero”, il radicchio di Milano. Somigliante a una lattuga ha un sapore che ricorda quello della noce. E’ piuttosto amaro ma, se si cuoce, il sapore si addolcisce.
Per finire, la ricetta di un classico piatto che utilizza il radicchio: il risotto con salsiccia e radicchio. Questi sono gli ingredienti per quattro persone: 350 grammi di riso Arborio o Carnaroli; 200 grammi di radicchio rosso; 200 grammi di salsiccia; 80 grammi di burro; una piccola cipolla rossa; un bicchiere di vino rosso; un litro e mezzo di brodo vegetale; 50 grammi di parmigiano grattugiato; due cucchiai di olio extravergine di oliva; pepe nero macinato q.b. Questa la procedura: lavate il radicchio e tagliatelo finemente. Tritate fine
anche la cipolla e fatela appassire in un tegame con metà del burro. Aggiungete il radicchio alla cipolla e lasciate cuocere per qualche minuto. Versate il riso nel tegame, fatelo tostare mescolando per un paio di minuti e sfumate con mezzo bicchiere di vino. Continuate la cottura del riso aggiungendo un poco di brodo vegetale per volta (brodo che avrete già preparato in precedenza), man mano che quello versato si asciuga. Nel frattempo, fate soffriggere la salsiccia privata del budello e spezzettata grossolanamente. Sfumatela con il resto del vino e fate cuocere per circa cinque minuti. Unite la salsiccia al risotto e terminate la cottura. Togliete il risotto dal fuoco e mantecate con il burro rimasto, il parmigiano grattugiato e un pizzico di pepe. Lasciate riposare un paio di minuti prima di servire.
Il radicchio si trova ormai tutto l’anno ma la stagione migliore per gustarlo è quella autunnale e invernale, ormai alle porte. Facciamone delle scorpacciate di questa benefica pianta.
Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.