Una premessa: in quest’articolo non affronteremo il tema delle diverse qualità di caffè; di quali siano i metodi di coltivazione e tostatura o di chi siano i maggiori e più importanti produttori e distributori. Lasciamo questi temi a una futura trattazione, magari da parte di chi abbia maggiori competenze. Oggi racconteremo, più modestamente, dove questa bevanda sia stata scoperta e quali siano la storia e le leggende che s’intrecciano al suo riguardo.
Il caffè è la bevanda più consumata al mondo. Partendo dagli altipiani dell’Etiopia attorno al Novecento dopo Cristo, la produzione e la vendita dei frutti di questa pianta sono cresciute enormemente nel corso dei secoli, passando dalle centomila tonnellate del 1825 (primo anno dal quale si può avere un dato certo) ai 7,9 milioni di tonnellate del 2015. E’ il prodotto più commercializzato al mondo dopo il petrolio. Un po’ empiricamente, si calcola che attualmente se ne consumino 12mila tazzine al secondo (!) in tutto il globo e che questo business dia lavoro, tra piccoli e grandi produttori e distributori, a 125 milioni di persone. Per alcuni Paesi è il nocciolo duro dell’economia. Rappresenta il 61% delle esportazioni del Burundi, il 37% dell’Etiopia, il 35% del Ruanda, il 21% dell’Uganda, il 18% del Nicaragua e il 17% dell’Honduras.
Le leggende attorno alla sua scoperta si sprecano e tutte, più o meno, hanno a che fare con l’Etiopia. Secondo una di queste, albero del caffè sarebbe originario della provincia di Kaffa (da qui il nome), nel sud est del Paese. Lì, un pastore avrebbe visto le sue pecore particolarmente agitate e “pimpanti” dopo aver mangiato da alcuni arbusti. Altre storie narrano di un sufi etiope (il sufismo è una corrente mistica dell’Islam), Abu l-Hasan al-Shadhili il quale, vedendo degli uccelli insolitamente nervosi, assaggiò le stesse bacche che questi stavano mangiando, provando lo stesso senso di vitalità. Altri attribuiscono la scoperta del caffè ad un certo Omar, discepolo della Shadhiliyya, la confraternita sufi fondata dallo stesso Abu I-Hasan al-Shadhili. Omar, esiliato dalla città yemenita di Mokha (che sarà uno dei porti più importanti per lo smercio di questa bevanda e dalla quale trarrà il nome la caffettiera ideata dall’italiano Alfonso Bialetti nel 1933), in una grotta nel deserto etiopico, per non morire di fame provò a masticare le bacche raccolte da alcuni rovi. Siccome gli risultavano amare, cominciò a bollirle ottenendo un liquido scuro che bevve per giorni evitando la morte per fame. Quando la notizia del “miracolo” giunse a Mokha, a Omar venne permesso di tornare e fu pure fatto santo. Potenza del caffè.
Un altro racconto riguarda un cavaliere cristiano etiopico del IX secolo, tale Kaldi il quale, avendo notato le sue
pecore (ancora loro!) particolarmente euforiche dopo aver mangiato delle bacche rosse, portò questi frutti a un monaco di un monastero vicino. Il sant’uomo, visti i loro effetti, temette fossero frutti demoniaci e li gettò nel fuoco. Le bacche, allora, sprigionarono il loro buon profumo facendo accorrere altri monaci i quali convinsero il confratello che un profumo così intenso e appagante non poteva essere opera del diavolo. Perciò, le bacche furono tolte dal fuoco per essere tritate e mescolate con acqua calda. Nacque così la prima tazzina di caffè al mondo.
La storia concorda in parte con queste leggende perché, dagli scritti in nostro possesso, sappiamo che il caffè, partendo dall’Etiopia, fu importato nello Yemen e commercializzato da Mokha verso tutto il mondo arabo. Divenne una bevanda prelibata e ricercata, tanto da iniziarne subito la produzione sia in Etiopia che nello Yemen e poi in altri paesi arabi. Ci furono anche momenti bui: nel 1511 Imam conservatori e ortodossi ne proibirono l’uso e chi l’avesse bevuto, avrebbe rischiato la morte. Fu Solimano il Magnifico a reintrodurne la liceità nel 1524. In un certo senso, fu merito suo se il caffè cominciò a essere conosciuto anche in Europa. Solimano, che viene ricordato come il sultano più importante dell’Impero Ottomano, attaccò e conquistò Rodi e Belgrado; sottomise l’Ungheria e mise d’assedio Vienna e, prima di morire, anche Malta. Dove s’insediava o dove arrivavano i suoi eserciti, usi e costumi musulmani si affermavano, compreso il consumo del caffè.
Ancora una volta, storia e leggenda si fondono: esistono due versioni riguardo alla diffusione del caffè in Europa. La prima parla di Malta e sostiene che furono i Cavalieri Ospitalieri di San Giovanni, vittoriosi difensori dell’Isola, a impararne l’utilizzo da alcuni turchi di Solimano, catturati e resi schiavi dopo la guerra. L’altra racconta che dopo un secondo fallito assedio a Vienna tentato dai turchi nel 1683, gli austriaci trovarono sacchi di caffè abbandonati e iniziarono a far conoscere questa bruna bevanda in tutti i loro territori.
Anche in quest’ultima leggenda c’è qualcosa di vero e riguarda anche l’Italia o, più propriamente, Trieste. La città giuliana era il porto imperiale austriaco per eccellenza, logisticamente il più adatto ad accogliere le merci provenienti dall’Oriente da smerciare nell’Europa del centro-nord e in Italia. Così, dal porto di Trieste, anche la Penisola fu invasa dal profumo caldo del caffè. Alla fine dell’Ottocento, la capitale del Friuli contava ben 66 ditte importatrici; dieci torrefazioni e 98 botteghe del caffè. Anche oggi il porto di Trieste è uno dei più importanti d’Europa per l’importazione di caffè da tutto il mondo.
Dall’Europa, attraverso le varie Compagnie delle Indie Orientali od Occidentali di proprietà britannica, olandese, francese, portoghese, ecc. la coltura del caffè fu avviata in tutte le colonie dall’estremo Oriente fino in Sudamerica, sfruttando lo schiavismo o una manodopera che anche allora lavorava a costi più bassi rispetto a quella europea. Ancora ai nostri giorni, secondo un articolo del 2018 del sito metalli rari.com, la classifica dei dieci maggiori produttori vede ai vertici quasi esclusivamente nazioni ex colonie europee. Il Brasile è al primo posto con 2 milioni e 550mila tonnellate, seguito da: Vietnam (1milione e 650mila tonnellate); Colombia (810mila tonnellate); Indonesia (660mila); Etiopia (384mila); India e Honduras (348mila); Uganda (288mila); Messico (234mila) e Guatemala (204mila).
Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.