Se c’è un dolce della tradizione romagnola sfuggente, indefinibile e, a suo modo, misterioso, questo è senz’altro il Bustrengo, “E’ Bustrengh”, nella lingua locale. Perché diciamo questo? Innanzitutto perché non è assolutamente possibile risalire a una storia univoca del Bustrengo. L’unica cosa certa che sappiamo, è che il Bustrengo è una torta che nasce, in un certo momento, in una zona del territorio che va dalle campagne e dalle colline alle spalle di Forlì e Cesena, fino alla zona interna della provincia di Pesaro. Stiamo dunque parlando di una produzione decisamente localizzata. Un’altra cosa che sappiamo è che si tratta di un dolce che nasce nelle campagne e non in qualche raffinata cucina nobiliare come poteva esser stato per altri dessert della tradizione emiliano-romagnola come la Zuppa Inglese, della quale abbiamo già scritto in questo blog.
Non sappiamo neppure se si tratta di un dolce con radici culturali celtiche come per le Fave dei Morti; né sappiamo dire con esattezza quando appare per la prima volta sui poveri deschi dei contadini romagnoli. La parola “Bustrengo”, con la sua durezza, richiama assonanze “barbare” (dal greco antico βάρβαρος, e dal latino Barbarus, cioè “straniero”, “balbettante”, “che parla una lingua incomprensibile”), ed è per questo che alcuni esperti pensano a origini celtiche mentre altri, con uguale diritto, a radici leggermente più vicine a noi nel tempo: credono sia una preparazione introdotta in Italia ai tempi dell’impero romano e delle invasioni barbariche. Anche su come nasca la parola Bustrengo c’è mistero. Un chiarimento provano a darcelo Bascucci, Buda, Bugli, Garavini, Giorgetti e Gori nel libro “E’ Magnè” edito da Panozzo nel 2002. Scrivono i curatori di questo volume: “La parola Bustrengo indica una modalità di cottura che avveniva in larghe teglie di rame chiamate “role”; queste erano poste sul focolare con fuoco sopra e sotto: la “rola” veniva chiusa da un coperchio cosparso di cenere e brunice. La cottura era molto lenta e per evitare che il composto si bruciasse occorreva molta esperienza”.
Inoltre, non c’è neppure una ricetta univoca del Bustrengo. Non solo cambia da provincia a provincia, da collina a collina, da paese a paese. No! La ricetta cambia da famiglia a famiglia. Anzi, ancor di più! Pensate che nella cittadina di Borghi, nel cesenate, si tiene una sagra del Bustrengo dagli anni Settanta del secolo scorso. La festa nasce dalla riscoperta delle antiche ricette familiari del luogo. Ebbene, sappiate che nel Bustrengo di Borghi si contano ben 37 (!) ingredienti e, di questi, solo 20 sono noti mentre gli altri 17 sono segreti. E ogni famiglia del luogo interpreta a modo suo il Bustrengo, cambiando alcuni di quei 17 misteriosi ingredienti.
Moltiplicate il tutto per i tanti paeselli delle colline romagnole, e otterrete un’infinita varietà di modi di intendere e cucinare questa torta. Sicché avrete un Bustrengo più ricco di spezie o più dolce perché arricchito con cacao; con il latte o con il Sangiovese al suo posto; con la farina di castagne oppure di ceci; con il riso bollito in aggiunta al pane, oppure no; con i fichi secchi o con mandorle noci e pinoli, oppure con tutti e quattro questi ingredienti insieme. Inoltre, va anche detto che alcuni ingredienti sono entrati nella ricetta del Bustrengo quando sono diventati usuali nei consumi alimentari.
Capirete dunque, cari lettori, che fornirvi una ricetta di questo alquanto ricco dessert sia fare un torto a tutte le altre ma, poiché il nostro compito è anche quello di mettervi in grado di cucinare tutto ciò che vi proponiamo in questa rubrica, vi regaliamo una delle ricette che potete trovare anche voi navigando in internet, ben sapendo che tante altre se ne possono rinvenire.
Ingredienti per quattro persone: farro 150 gr; orzo perlato 150 gr; farina di mais giallo 150 gr; farina 150 gr; riso integrale a chicco medio 200 gr; latte intero un bicchiere; miele 300 gr; olio extravergine d’oliva tre cucchiai da tavola; uova 3; limone, una scorza; arance, una scorza; uva passa 300 gr; pangrattato 300 gr; liquore Strega 150 gr; caffè 6 tazzine da caffè; fichi secchi 150 gr; cacao amaro 200 gr; mele 500 gr; pere 500 gr; gherigli di noci 50 gr; Pinoli 20 gr; mandorle 20 gr.
Preparazione: Mettete a bagno il farro, l’orzo perlato e il riso integrale per almeno un’ora e poi cuoceteli nel latte per cinquanta minuti. Nel frattempo, mettete in un contenitore il miele, le uova, la scorza grattugiata del limone e dell’arancia, l’uva passa, il pangrattato bagnato con latte, il liquore, il caffè, i fichi secchi tritati grossolanamente, le farine, il cacao in polvere, l’olio, le mele e le pere tagliate a pezzi, i gherigli di noce, le mandorle e i pinoli. Mescolate tutto bene e cuocete a fuoco basso per cinque minuti, aggiungete il composto di riso cotto e mescolate bene.
Trasferite il tutto in una teglia unta e cosparsa di pangrattato; il composto steso risulterà alto circa cinque centimetri. Se il composto risultasse un po’ duro, aggiungete un pochino di latte e di liquore. Mettete in forno a 150 gradi per un’ora, lasciate riposare ancora un quarto d’ora circa a forno spento, rovesciatelo su un piatto di portata, cospargetelo di zucchero a velo e tagliatelo a cubetti grossi.
Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.