Il raviolo è una delle paste tipiche del nostro Paese. I primi accenni al consumo di questo piatto nella Penisola risalgono al medioevo ma non possiamo assolutamente affermare che la sua origine sia italiana. Infatti, un cibo ripieno di questo tipo esisteva già da quasi tremila anni prima: stiamo parlando del raviolo cinese. Un piatto che, viaggiando sulla via della seta, ha poi raggiunto il Mediterraneo e l’Italia dove, in effetti, siamo diventati “maestri mondiali” delle paste ripiene (vedi il tortellino, ad esempio). Insomma, per una volta, non sono gli orientali che ci hanno copiato ma siamo noi che abbiamo copiato loro, forse migliorando il prodotto.
In Cina, tracce di consumo di ravioli ripieni di verdura o carne si hanno già dal 1800 avanti Cristo ma la
leggenda più interessante sulla loro invenzione risale al periodo Han (tra il 206 avanti Cristo e il 220 dopo Cristo). Si racconta del medico Zhang Zhongjing che esercitava in un piccolo paese di montagna. In inverno, molti dei suoi pazienti pare soffrissero di geloni alle orecchie. L’ingegnoso medico avrebbe pensato di curarli facendoli sistemare in una grande tenda al centro della quale avrebbe messo a bollire una zuppa calda. Sempre secondo il racconto, gli venne poi l’idea di mettere a cuocere dentro la zuppa un impasto di carne di montone, peperoncino ed erbe aromatiche racchiuso in una pasta. Pensava che sarebbe stato curativo per i suoi malati i quali, infatti, guarirono. Erano nati i primi ravioli.
In Italia, esiste un documento del 1243 che cita il raviolo come specialità cremonese ma sono tante le Regioni che se ne contendono la primogenitura. Anche sul termine “raviolo” ci sono fonti discordanti. C’è chi afferma derivi dal latino medievale “robiola” che significa rapa. E pare, infatti, che i primi ravioli italiani fossero ripieni di rapa e ricotta. C’è chi sostiene che derivi dal termine “rovigliolo” (groviglio) e chi dal cognome del primo cuoco che li cucinò nel Belpaese. Sarebbe stato un certo Ravioli di Gavi Ligure. Li avrebbe cotti in poca acqua e molto vino. Boccaccio li cita direttamente nel Decamerone (siamo dunque attorno al 1350). Scrive il grande prosatore descrivendo il paese del Bengodi che vi era: “Una montagna tutta di formaggio grattugiato sopra la quale stavano genti che niuna altra cosa facevano che far maccheroni e raviuoli e cuocergli…”. Beati loro. Nel Cinquecento, il poeta genovese Paolo Foglietta raccontava che gli arabi “nulla temevano più del fumo dei ravioli” perché testimoniava la presenza di truppe della Repubblica Marinara di Genova.
Arriviamo, nel corso dei secoli, a Pellegrino Artusi che nel suo “La Scienza in Cucina e l’Arte di Mangiar Bene” racconta così il rapporto fra i romagnoli e i ravioli, descrivendone la ricetta: “I Romagnoli, per ragione del clima che richiede un vitto di molta sostanza e un poco fors’anche per lunga consuetudine a cibi gravi, hanno generalmente gli ortaggi cotti in quella grazia che si avrebbe il fumo negli occhi, talché spesse volte ho udito nelle trattorie: – Cameriere, una porzione di lesso; ma bada, senza spinaci. – Oppure: – Di questi (indicando gli spinaci) ti puoi fare un impiastro sul sedere. – Esclusa quindi la bietola o gli spinaci, eccovi la ricetta dei ravioli all’uso di Romagna:
- Ricotta, grammi 150.
- Farina, grammi 50.
- Parmigiano grattato, grammi 40.
- Uova, uno e un rosso.
- Sale, quanto basta.
Fate tutto un impasto e versatelo sulla spianatoia sopra un velo di farina per dargli la forma cilindrica che taglie rete in quattordici o quindici pezzi eguali foggiandoli a modo. Lessateli poi per due o tre minuti in acqua non salata e conditeli con cacio e sugo di carne, oppure serviteli per contorno a uno stracotto o a un fricandò”. Insomma, secondo Artusi i romagnoli del suo tempo non amavano molto le verdure in genere, tantomeno nel raviolo.
In effetti, il ripieno del raviolo cambia spesso a seconda del territorio dove viene preparato. Oggi, in Romagna ma anche nelle Marche, in Toscana e nel Lazio, il ripieno consiste in ricotta e spinaci insaporiti con noce moscata, pepe nero e, a volte, parmigiano. Una volta cotti, vengono conditi con un sugo di pomodoro fresco e basilico, o con burro, salvia e parmigiano grattugiato. Non contenendo carne, sono considerati un piatto di magro che quindi può essere consumato anche nei giorni di vigilia o di venerdì. In altre regioni si accompagna, invece, con sughi e/o ripieni di carne.
Un’altra discussione che si potrebbe affrontare, è se considerare alcune paste ripiene tipicamente regionali come “variazioni” del raviolo o realtà a se stanti. L’agnolotto piemontese, l’anolino piacentino e parmense, il marubino cremonese, il tortello lombardo, i pansotti liguri, il tortello toscano, il raviuolo irpino, i cauzuni cilentini… sono tipi di ravioli, pur nella differenza delle forme e dei ripieni, o sono paste ripiene discendenti da altre tradizioni? Sinceramente è una domanda alla quale non sappiamo rispondere e, quindi, ci limitiamo a fornirvi una ricetta classica di questa specialità della cucina italiana.
Ravioli di ricotta e spinaci per sei persone
Ingredienti: per la pasta occorrono tre uova; 200 grammi di farina; 100 grammi di semola di grano duro. Per il ripieno: 300 grammi di ricotta; 400 grammi di spinaci; cinque cucchiai di parmigiano reggiano; una noce moscata; un uovo; sale e pepe. Per condire: 70 grammi di burro; parmigiano reggiano; salvia.
Preparazione: iniziate dalla pasta all’uovo. Su una spianatoia, formate una fontana con le due farine e al centro rompete le uova. Cominciate ad amalgamare con una forchetta, quindi impastate fino a ottenere una pasta liscia. Avvolegetela nella pellicola alimentare e fate riposare a temperatura ambiente per almeno 30 minuti. Nel frattempo, pulite gli spinaci e lavateli. Cuoceteli per pochi minuti con la sola acqua residua dal lavaggio. Scolateli e strizzateli molto bene tra le mani. Tritateli finemente su un tagliere utilizzando la mezzaluna o un coltello. Trasferiteli in una ciotola e unite l’uovo, il parmigiano grattugiato, la ricotta, noce moscata a piacere, sale e pepe. Mescolate fino ad amalgamare e trasferite in una sacca da pasticceria. Trascorso il periodo di riposo, stendete la pasta con il mattarello. Con una rotella dentellata ricavate, un po’ alla volta, delle strisce di circa sei centimetri di larghezza e disponetevi sopra delle noci di ripieno distanziandole tra loro di 4-5 centimetri. Coprite con una seconda striscia di pasta e, premendo con la punta delle dita, sigillate il ripieno. Utilizzando la medesima rotella formate i ravioli. Adagiateli sulla spianatoia infarinata. Una volta terminati, fate cuocere i ravioli ricotta e spinaci una casseruola capiente con acqua salata per alcuni minuti. Scolateli con una schiumarola e metteteli in una pirofila calda. Conditeli con il burro fuso insieme alla salvia e a parmigiano reggiano grattugiato.
Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.