Abbiamo parlato già altre volte di Tonino Guerra e del suo amore per la cucina romagnola e per il territorio. Oggi vogliamo parlare della sua “invenzione” più straordinaria legata a questi due temi: L’Orto dei Frutti Dimenticati a Pennabilli, un comune del primo Appennino a pochi chilometri da Riccione. L’Orto è un suo progetto, nato nel 1990, con il quale intendeva recuperare tutti quegli alberi e frutti che non incontravano il favore della produzione massificata perché troppo particolari o difficili da coltivare. Eppure alcuni di quei frutti avevano per lui il sapore dell’infanzia. Come disse una volta a un interlocutore: “Siamo talmente abituati ai sapori moderni ricchi d’acqua che i gusti e i profumi si squagliano in bocca senza identità”.
Ecco allora la sua volontà di recuperarle, queste identità. Così, nel suo orto hanno trovato posto l’azzeruolo, il corniolo, il giuggiolo, l’uva spina, la ciliegia cuccarina, il biricoccolo e la mela cotogna. Andiamo a conoscerli uno a uno?
L’azzeruolo
L’azzeruolo è una delle piante da frutto più rustiche che c’è; fa parte della macchia mediterranea e il suo nome scientifico è Crataegus azarolus. E’ davvero poco conosciuto eppure, in Italia, si potrebbe coltivare ovunque visto che ha bisogno di pieno sole e che il terreno non sia troppo umido. I suoi frutti assomigliano a delle piccole mele in miniatura e la loro polpa è molto profumata, dal caratteristico sapore agrodolce che ricorda in qualche modo la nespola. Il raccolto comincia dalla fine di agosto fino ai primi giorni del mese di ottobre.
La corniola
La corniola o il corniolo (nome scientifico Cornus mas) è un arbusto originario dell’Europa continentale. Con il termine “corniole” si indicano i frutti di questo arbusto: bacche di colore rosso dalla forma ovoidale simile a quella delle olive, che vengono raccolte tra settembre e ottobre. Ricche di fruttosio e vitamina C, le corniole sono piuttosto succose e caratterizzate da sapore acidulo. Possono essere consumate fresche e utilizzate per preparare marmellate, liquori e vini.
La giuggiola
La giuggiola è il frutto prodotto dalla pianta del giuggiolo, il cui nome scientifico è Ziziphus jujuba. Si
tratta di un piccolo arbusto di provenienza asiatica, che nel corso dei secoli si è diffuso nei paesi mediterranei e in Italia. Coltivato per i suoi prelibati frutti, ma adatto a essere coltivato anche come pianta ornamentale, il giuggiolo produce frutti ovoidali, con buccia sottile e liscia di color rosso scuro, la cui polpa ha una consistenza compatta e farinosa, dal sapore dolce leggermente acidulo, che ricorda quello della mela. La giuggiola è un noto rimedio medicinale omeopatico in molte culture e regioni del mondo. In Cina è coltivata da oltre 4mila anni per uso alimentare ed è utilizzata nella medicina tradizionale per curare molti disturbi e favorire la salute, grazie alla sua concentrazione di vitamine e altre sostanze benefiche.
Le giuggiole si possono consumare fresche, subito dopo la raccolta oppure si possono conservare per lungo tempo essiccandole o mettendole sotto spirito; si prestano inoltre per preparare confetture e sciroppi, o come ingrediente per farcire dolci secchi e biscotti. Il frutto del giuggiolo è inoltre l’ingrediente principale della ricetta di un particolare liquore, conosciuto come “brodo di giuggiole”. L’espressione metaforica “andare in brodo di giuggiole”, piuttosto comune, significa: “Essere in uno stato d’animo di grande soddisfazione e godimento”.
L’uva spina
L’uva spina è il frutto della pianta Ribes grussularia. Ricca di vitamine e polifenoli, è diuretica, disintossicante, e aiuta a contrastare l’invecchiamento della pelle. Il sapore è piuttosto aspro. Ne esistono alcune varietà da dessert (come l’uva spina Invicta) che sono un po’ più dolci a piena maturazione”. Le torte e le marmellate sono l’uso classico per l’uva spina che con la sua asprezza si presta a molte ricette creative.
Il biricoccolo
L’albero del biricoccolo è un ibrido spontaneo tra albicocco e pruno, ovvero si
tratta di una pianta che non è stata creata dall’uomo. Produce frutti simili ad albicocche, ma con colorazione rossastra, che hanno il sapore delle prugne. E’ un arbusto “problematico” e probabilmente per questo motivo non è mai stato molto preso in considerazione dall’uomo per una produzione su “ampia scala”: spesso i suoi frutti non “legano” e le sue ramificazioni sono sottili e poco vigorose. E poi è una pianta sterile. Cioè, nonostante abbia fiori con organi di riproduzione maschili e femminili, il loro stesso polline non li feconda e quindi occorre trovare un impollinatore per poterli vedere diventare frutti. Gli impollinatori del biricoccolo di solito sono alberi delle specie da cui deriva, ovvero albicocchi o pruni; ma non sempre questa tecnica ha effetto.
La ciliegia cuccarina
Il ciliegio di Nanchino (Prunus tomentosa) detto anche “ciliegia cuccarina”, appartiene alla famiglia delle Rosaceae ed è originario della Cina (Nanchino, appunto). Specie a portamento arbustivo eretto, a crescita media, può arrivare a un’altezza massima di circa tre metri. In primavera si assiste a una splendida fioritura a grappoli di colore rosa. Il frutto matura nel mese di giugno ed è una piccola ciliegia (grande circa come un ribes), molto apprezzata per il sapore dolce acidulo. Questa specie, a valenza sia ornamentale che frutticola, si dimostra anche molto resistente nei confronti delle basse temperature (sopravvive bene fino a -20°C) e nei confronti delle malattie non richiedendo alcun trattamento antiparassitario.
La mela cotogna
La mela cotogna è un frutto tipicamente autunnale che appartiene alla famiglia delle pomacee, lo stesso di mela e pera. È un frutto poco utilizzato e spesso si fa fatica a trovarlo. Lo scarso successo della mela cotogna dipende probabilmente dalle sue caratteristiche. Si presenta, infatti, molto dura ed è difficile mangiarla cruda. Sarebbe consigliabile approfittare dei mesi autunnali per consumare questo frutto e magari fare scorta di confetture a base di mela cotogna, da tenere in dispensa tutto l’anno. La mela cotogna, infatti, è un concentrato di proprietà e aiuta soprattutto il benessere cardiovascolare e gastrointestinale. E’ ricca di acqua e di fibre mentre ha un bassissimo contenuto di grassi e proteine. Le calorie sono poche: 100 grammi di mela cotogna apportano solo 38 Kcal. Tra le fibre presenti nella mela cotogna, ben rappresentata è la pectina, una fibra alimentare solubile, con proprietà gelatinizzanti, stabilizzanti e addensanti che, grazie a queste sue qualità, aiuta a tenere sotto controllo i valori di glicemia e di colesterolo nel sangue.
Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.