Georges Auguste Escoffier è stato il prototipo dello chef di alta classe, capace di solleticare i palati della clientela internazionale più esclusiva, nei ristoranti e negli alberghi più belli del mondo. Persino il luogo dove morì nel 1935, Montecarlo, è uno dei più “chic” del mondo. George nasce a Villeneuve-Loubet, in Provenza, nel 1846, e già a tredici anni lavora come apprendista nella trattoria di uno zio a Nizza. A diciannove anni è già a Parigi al Petit Moulin Rouge. Nel 1870, a ventiquattro anni, è capocuoco al quartier generale dell’Armata del Reno durante la guerra franco-prussiana. Da questa esperienza nasce il suo primo libro: “Memorie di un cuoco dell’Armata del Reno”.
Il signor Escoffier e il signor Ritz
Dopo alterne vicende torna al Petit Moulin Rouge, questa volta come capocuoco, locale nel frattempo divenuto di gran moda nel bel mondo internazionale e frequentato, fra gli altri, dal politico Leon Gambetta, da Edoardo VII non ancora re d’Inghilterra e dall’attrice Sarah Bernhardt. Da lì inizia un’ascesa incredibile che lo porta a dirigere diversi ristoranti in giro per la Francia, Montecarlo e Londra, anche contemporaneamente. Nel 1880 assume la direzione del Grand Hotel di Monaco, diretto da César Ritz: inizia così una straordinaria amicizia che lo vedrà impegnato al Savoy di Londra, al Ritz di Parigi e ancora al Carlton Hotel di Londra. Una collaborazione che sarebbe rimasta una delle pietre miliari della fama di entrambi e un’icona della cosiddetta Belle Epoque. Davvero questi due personaggi segnarono un’epoca come oggi potrebbero farlo una rockstar o un calciatore di grido. Una curiosità: per un certo periodo di tempo, fra i suoi aiuto-pasticceri lavorò un giovanissimo vietnamita. Era Ho Chi Min, che fu poi a capo della rivoluzione comunista e presidente del Vietnam fino al 1969.
Il signor Escoffier e la signora Mitchell
Escoffier nel 1920 viene decorato con la Legion d’Onore. Muore a Montecarlo nel 1935, a quasi novant’anni, quindici giorni dopo la moglie. Fu certamente un creativo e un innovatore, autore di ricette conosciute in tutto il mondo, fra cui la celeberrima Pesca Melba. È un dolce che inventò in onore della leggendaria cantante d’opera australiana Nellie Melba il cui vero nome era Helen Porter Mitchell, da lui molto ammirata. Per darvi un’idea di chi fosse, sappiate che divenne una delle migliori soprani al mondo facendo coppia nientemeno che con Enrico Caruso nella Bohème. La sua voce da soprano lirico-leggero, dotata di notevole agilità, fu particolarmente apprezzata in Inghilterra e negli Usa. La Mitchell si era esibita varie volte a Londra, dove anche lui si era trovato a lavorare. Escoffier aveva avuto certamente l’occasione di servirla e ne conosceva quindi la predilezione per pesche e lamponi, come pure per il gelato alla vaniglia. Alcune fonti riportano che il piatto fu servito la prima volta nel 1892-1893, altre invece che lo stesso Escoffier pensò a questo dessert mentre lavorava a Parigi nel 1905 ma che lo servì per la prima volta al Carlton Hotel aperto a Londra nel luglio del 1906 o sempre nel 1905 al Savoy di Londra.
Il signor Escoffier e la pesca Melba
La confusione deriva forse dal fatto che il primo dolce servito a Nellie era più un’opera d’arte che non la versione più semplice nota oggigiorno, quindi è possibile che ci si riferisca ora all’aneddoto, ora all’introduzione del dolce come lo conosciamo oggi. Secondo la tradizione, Escoffier aveva particolarmente apprezzato Nellie in una sua interpretazione del Loenghrin di Wagner e per omaggiarla le fece trovare il giorno dopo a cena il dolce inventato in suo onore. Scrive lo stesso Escoffier tempo dopo: “Ripensando al maestoso cigno mitico che apparve nel primo atto del Lohengrin, le feci servire, al momento opportuno, delle pesche disposte su di un letto di gelato alla vaniglia, all’interno di una coppa d’argento incastrata tra le ali di un superbo cigno scolpito in un blocco di ghiaccio e ricoperto da un velo di zucchero filato. L’effetto prodotto fu sorprendente e la signora Melba si mostrò estremamente colpita dalla mia attenzione. La grande artista, che di recente mi è capitato di rivedere all’Hôtel Ritz di Parigi, mi ha ricordato la serata delle famose pesche al cigno”. Successo e risonanza furono grandissimi, e il dolce divenne ben presto molto popolare e imitato, anche liberamente. Originariamente chiamato “pesche al cigno”, secondo alcune fonti solo all’inaugurazione successiva dell’Hotel Carlton fu ribattezzato definitivamente “pesca Melba”.
Pesca Melba, ingredienti e preparazione
Gli ingredienti sono solo pesche tenere e mature (possibilmente fresche, altrimenti sciroppate), purea zuccherata di lamponi (o altri frutti di bosco) e gelato alla vaniglia. Le pesche si fanno macerare in casseruola nello sciroppo di zucchero; una volta lasciate raffreddare nello sciroppo, si pelano e si dividono in due parti, privandole del nocciolo (se non è già stato tolto). Infine vengono adagiate in una coppetta su un letto di gelato alla vaniglia in modo che la parte tagliata della pesca sia rivolta verso il gelato. A questo punto vengono ricoperte con la purea setacciata di lamponi (o una confettura, se non si hanno frutti di bosco freschi). Si può decorare il dessert con panna montata, con mandorle fresche in scaglie (o tostate in forno con zucchero semolato) oppure con un poco di zucchero filato (caramello).
In copertina, un autoritratto di Escoffier. L’immagine è tratta da wikipedia.org ed è libera da diritti in Europa e negli Usa.
Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.