Non di soli pandori e panettoni ci si deve deliziare a Natale! Ok… il dolce tipico milanese e quello veronese in questo periodo dell’anno impazzano sulle tavole di tutta Italia, sia nelle loro versioni industriali che artigianali ma sappiate che oggni regione della Penisola può contare sulle sue tipiche leccornie natalizie. Ne abbiamo scritto in questo articolo dell’anno scorso, descrivendone alcune. Oggi vogliamo soffermarci su alcuni (non tutti, altrimenti dovremmo scrivere un libro) dolci tipici della tradizione natalizia emiliano-romagnola. Preparàti che hanno storie antiche e, spesso, radici contadine povere ma ingegnose.
La spongata parmense
Tralasciamo il pan speziale bolognese, detto anche “certosino”, forse il più conosciuto fra tutti i dolci natalizi tipici della nostra regione perché lo abbiamo già presentato nell’articolo che abbiamo citato qualche riga sopra. Iniziamo, invece, da Parma e dalla sua spongata. Questa, in realtà, è molto apprezzata anche nelle province limitrofe: da Piacenza a Reggio Emilia fino a Massa-Carrara e La Spezia. Parma pare esserne però il luogo d’origine. C’è chi dice che la prima spongata fu preparata a Corniglio; c’è chi dice a Busseto. La prima traccia storica risale al 1454, quando fu inviata in dono al duca Francesco Sforza di Milano. Sembra sia un dolce di origine ebraica. Sarebbe arrivato a Parma proprio nel ‘400 a seguito degli ebrei sefarditi cacciati per editto dalla cattolicissima Spagna. Il nome probabilmente deriva da “spongia“, spugna, per l’aspetto spugnoso e irregolare della sua superficie. È costituita da una base di pasta simile alla pasta brisée, riempita con marmellata di mele e pere, frutta candita, pinoli, mandorle, e ricoperta da un secondo strato di sfoglia. Questo strato viene bucherellato fittamente per facilitarne la cottura in forno e infine modellato con uno stampo di legno. Vediamone gli ingredienti per il ripieno: 75 gr di mandorle, 40 gr di zucchero, 200 gr di miele, 75 gr di nocciole, 150 gr di gherigli di noci, 30 gr di pinoli, 100 gr di biscotti secchi, 1/2 litro di vino bianco, 100 gr di cedro e scorza di arancia canditi, 50 gr di uvetta, 5 gr di cannella in polvere, ½ noce moscata grattugiata. Questi gli ingredienti per la pasta: 300 gr di farina, 80 gr di zucchero, 100 gr di burro,un pizzico di sale, zucchero a velo q.b. Questa la preparazione: pelare le mandorle nell’acqua bollente e poi pestarle con i 40 grammi di zucchero. Mescolare miele e vino, e far sobbollire per qualche minuto a fuoco lento. Unire mandorle, nocciole, gherigli di noci, pinoli, biscotti, canditi, cannella e noce moscata. Amalgamare il tutto, mescolando. Nello stesso tempo che il ripieno si raffredda, preparare la pasta. Predisporre la farina a fontana con zucchero, sale, burro fuso, vino. Fare riposare coperta per circa un’ora. Stendere la pasta a un’altezza di circa 3 mm e porla su una teglia imburrata e infarinata, quindi disporre il ripieno e stendere l’altro strato di pasta chiudendo bene i bordi. Concludere bucherellando con una forchetta e mettere in forno a 180 gradi per circa mezz’ora. Lasciare raffreddare, cospargere con zucchero a velo e servire in tavola.
Tortelli di Natale modenesi
A Modena, un dolcetto tipico è il tortello fritto di Natale. La preparazione richiede una frolla particolare,
aromatizzata con limone e sassolino, un liquore originario di Sassuolo, con aroma di anice, e il savòr come ripieno. Su cosa sia il savòr, questa “marmellata” iperenergetica tipica dell’Emilia-Romagna lo potete leggere in questo articolo del nostro blog. Adesso dobbiamo solo dire che la pasta, stesa e tagliata a dischetti, viene farcita col savòr, richiusa e fritta. Infine, per completare il tutto, zucchero a velo a coprire.
Il panpepato ferrarese
Il panpepato di Ferrara è diventato così usuale sulle tavole della città degli Este che viene anche gustato fuori dal periodo natalizio. Un dolce morbido, nonostante l’assenza di uova, latte, burro, olio o strutto, non molto grasso, al sapore di cioccolato e con l’aroma di spezie. L’origine pare essere rinascimentale quando, secondo alcuni storici, venne preparato per la prima volta nelle cucine del Monastero del Corpus Domini, nell’antico quartiere di San Romano a Ferrara. La ricetta odierna, che nasce dalla attuale IGP e dunque
è “definitiva”, è un po’ cambiata rispetto a quella originale. Come tutte le preparazioni anche questa è mutata nel corso del tempo: pensate che il cioccolato che riveste questo “zuccotto” è stato inserito per la prima volta solo nei primi anni del Novecento. Oggi si prepara con questi ingredienti: farina di grano tenero tipo “0”: 200 gr., mandorle tostate dolci con buccia: 100 gr., zucchero semolato, in alternativa miele: 100 gr., cacao in polvere (22-24% burro di cacao): 100 gr, frutta candita (scorze candite di arancia, limone e cedro): 100 gr, cannella in polvere: 2 gr., noce moscata/chiodi di garofano tritati: 2 gr., cioccolato fondente per la copertura: 80 gr. Questa la preparazione: dopo averle tostate qualche minuto sui fornelli, tritare le mandorle grossolanamente. Passare quindi a tagliare a cubetti la frutta candita, preparando la cannella, la noce moscata o i chiodi di garofano. Mescolare tutto. Mettere su un tagliere la farina a cratere. Aggiungere zucchero o miele (a scelta), cacao in polvere e, infine, il composto di spezie e canditi. Impastare meccanicamente per circa 35/45 minuti l’intero composto, aggiungendo acqua in base alla necessità. Ottenuto un composto abbastanza solido, suddividerlo in più parti e modellarlo fino a ottenere la classica forma a calotta. Cuocere in forno preriscaldato a 160° per circa un’ora e 15 minuti. Quando in panpepato sarà raffreddato, ricoprire con il cioccolato fondente sciolto a bagnomaria.
Il miacetto cattolichino e il bustrengo romagnolo
E in Romagna? Quali sono i dolci tipici di questo periodo dell’anno? Certamente dobbiamo citare il miacetto di
Cattolica, un dolce che non manca sulle tavole natalizie della “Regina dell’Adriatico” ma che ormai è stato ampiamente sdoganato anche in altri periodi dell’anno. Ne abbiamo parlato giusto tre anni fa in questo articolo. E poi, senz’altro il bustrengo, il dolce tipico più “indefinibile” di tutta la Romagna, la cui ricetta cambia da famiglia a famiglia. Anche di questa energetica bontà abbiamo trattato in un precedente articolo del nostro blog.
Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.