La scorsa settimana vi abbiamo consigliato un itinerario in mountain bike o gravel dal nostro albergo fino a Verucchio. Questa settimana vi suggeriamo di riprendere lo stesso percorso ma, arrivati a San Giuliano Mare, quartiere marinaro a
Rimini Nord, prenderete sì la ciclabile lungo il Marecchia ma lascerete il fiume alla vostra sinistra e pedalerete solo fino a Santarcangelo di Romagna. E’ una “scampagnata” non troppo impegnativa. Si tratta di percorrere circa 26 chilometri (52 fra andata e ritorno). I primi quattordici chilometri, dal nostro hotel a San Giuliano Mare, li pedalerete su ciclabili “vista spiaggia”. Poi, lasciatavi la costa alle spalle, v’immergerete nel verde della Valmarecchia. A farvi compagnia solo il rumore dell’acqua, le fronde degli alberi e il fruscio delle ruote sulla ghiaina. Potreste anche incrociare qualche piccolo gregge di pecore. Insomma, una pedalata in completo relax per godere delle bellezze della natura.
Godetevi Santarcangelo
Arrivati a Santarcangelo, lascerete la ciclabile per dirigervi verso il centro storico di questo paese di 22mila anime che, per certi versi, va considerato la “capitale culturale” della provincia di Rimini. Non certo per l’abbondanza di monumenti o di opere d’arte che pure sono presenti, quanto per aver dato i natali a un certo numero di personaggi interessanti.
Usciti dalla ciclabile, seguendo le indicazioni che troverete sul percorso, arriverete in piazza Ganganelli, cuore amministrativo e commerciale della cittadina e lì vi accoglierà uno dei suoi due monumenti “simbolo”: l’arco di papa Clemente XIV Lorenzo Ganganelli, popolarmente detto “L’arco di Bech”. Fu voluto dai santarcangiolesi (chiamati “clementini” proprio per via di questo papa) nel 1769, nell’anno in cui l’illustre concittadino venne eletto al soglio pontificio. Potete passargli sotto con la vostra bici ma non fatelo se all’arcata dovessero essere appese due corna di bue: potreste scoprire di essere cornuti (“Bech” in dialetto). Una strana tradizione, legata alla Fiera di San Martino che, covid permettendo, si tiene ogni anno a ridosso dell’11 novembre, afferma che si è vittime di una moglie o di un marito fedifraghi se, passando sotto l’arco, le corna si muovono. Perché rischiare?
A Santarcangelo, il museo del bottone
Passati sotto l’arco e attraversata la piazza, lasciate le biciclette ai piedi della piccola “scalinata” che vi si para davanti per salire il monte Giove (la collinetta che sovrasta il paese, dove si trova il caratteristico e medievale borgo antico). Certo, potreste arrivare in cima anche in bici, lasciando il centro alla vostra sinistra e salendo poi per l’antica Porta Cervese. E’ chiamata anche Porta del Sale perché si trova sulla via che anticamente collegava Santarcangelo con Cervia, cittadina importante per le sue saline. Però, arrampicandosi per le pendenze non impossibili di questa collinetta, vi perdereste un paio di chicche. Incollata a un antico muro e visibile a tutti, c’è la targa che ricorda in modo dolce e struggente Germano “calzolaio e assaggiatore di vino e acqua per conto di amici”. Continuando a salire, trovate il museo più incredibile del mondo: quello del bottone. Pensato e creato da Giorgio Gallavotti, contiene una collezione di più di 8500 bottoni provenienti da tutto il mondo suddivisi per epoche in maniera cronologica.
Continuando a salire a piedi o in bici, fate voi, arriverete in cima al monte Giove e vi troverete sotto il Campanone, l’altro simbolo cittadino assieme all’Arco di Papa Clemente XIV. Costruito in stile neogotico nel 1893 e alto 25 metri, è coronato dall’immagine del patrono San Michele Arcangelo in ferro battuto a mano che funge da indicatore della direzione del vento. Da lì non vi resta che scendere e cercare la chiesa della Collegiata, dove troverete un quadro del santarcangiolese Guido Cagnacci, noto pittore del Seicento italiano.
Piadina e Cassoni
La vena artistica dei santarcangiolesi sembra non esaurirsi mai. Nel campo della poesia si contano nomi come
quelli di Nino Pedretti, Antonio Baldini, Gianni Fucci, Giuliana Rocchi e, soprattutto, il grande Tonino Guerra: poeta, scrittore, sceneggiatore per Fellini, Monicelli, Lattuada, Antonioni (fu candidato all’Oscar per la sceneggiatura di Blow Up) e tanti altri. Se poi sarete fortunati, aggirandovi per il centro storico potreste imbattervi in protagonisti del mondo del cinema e dello spettacolo come Daniele Luttazzi, Fabio De Luigi o Chiara Baschetti. Insomma, un breve itinerario pieno di possibili “sorprese”.
Prima di tornare sulla via di casa, fermatevi in uno dei tanti ottimi ristoranti del centro. Vi consigliamo di gustarvi una bella piadina o un bel cassone ripieno. La piadina la conoscete tutti. Cibo povero della Romagna per eccellenza, è diventata una prelibatezza dal successo ormai internazionale. La sua ricetta è cambiata nel tempo e non ne esista una che sia “la vera piada o piadina romagnola”. I cassoni (o cascioni), non sono altro che piadine molto sottili, farcite, ripiegate su se stesse e chiuse. Il ripieno più tradizionale è con le erbe di stagione, ma si possono farcire con mozzarella e pomodoro, mozzarella e salsiccia, mozzarella e funghi; salsiccia e patate, salsiccia e cipolla, rucola e speck, tanto per citare alcuni ripieni. Per saperne di più, leggete questo articolo del nostro blog.
Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.