Un itinerario cicloturistico divertente, non troppo impegnativo, con diverse salitelle morbide e discese non impegnative ma che tende a salire perché si va verso le prime colline della Valconca. E’ il percorso che potete affrontare con bici da corsa, mountain bije, ebike o gravel, partendo dal nostro hotel e arrivando prima ai 387 metri sul livello del mare di Montescudo e poi ai 373 di Montecolombo. Tra andata e ritorno si tratta di affrontare circa quaranta chilometri nella Valconca. Troverete panorami che vi si apriranno sia alla vostra destra che alla vostra sinistra quando pedalerete su qualche crinale. Vedrete campi ordinatamente coltivati e piccoli paeselli che vi faranno compagnia lungo la strada. Un itinerario da affrontare a occhi aperti non perché sia pericoloso ma perché in qualche giornata tiepida e soleggiata da giugno a settembre, può regalare emozioni.
A Montescudo c’è il “freezer comunitario”
Partendo dall’Hotel Doge, prendete viale Gramsci in direzione Rimini fino all’incrocio con via Martinelli alla vostra
sinistra. Percorrete via Martinelli, via Spalato e via Catullo fino alla rotonda di viale Parini, sul lungoporto. Andate a sinistra, passate sotto la ferrovia, attraversate via dei Mille e prendete la ciclabile che vi porterà, costeggiando il Rio Melo, fino alla Statale 16. Girate a destra, sempre in direzione di Rimini e, arrivati alla rotonda del quartiere San Lorenzo (la prima che trovate), percorrete via Coriano e addentratevi verso la campagna lasciandovi il mare alle spalle. Dopo tre chilometri arriverete all’incrocio con via Coriano. Girate a sinistra e dopo circa 200 metri prendete via Tavernelle. Proseguite sempre dritto prendendo via Il Colle e via Monte Poggio fino a incrociare la strada provinciale 50 che confluisce nella provinciale 41 la quale vi porterà verso il vostro primo obiettivo. Attraverserete delle piccole frazioni come Pian della Pieve, Cavallino e Trarivi, all’inizio dello strappetto verso Montescudo. A Trarivi vale la pena fermarsi. Ci trovate la chiesa della pace e il piccolo ma interessante museo della Linea Gotica Orientale. Nel 1944 questa vallata fu protagonista, per mesi e mesi, degli scontri fra le truppe tedesche che si difendevano sulla Linea Gotica e gli anglo-americani che risalivano la penisola da sud. La chiesetta era in una posizione strategica e fu oggetto di ripetuti attacchi. In quei giorni i piccoli paesi attorno a Rimini contarono centinaia e centinaia di morti fra militari e civili tant’è che in tanti lasciarono le loro case per rifugiarsi a San Marino, territorio neutro, nascondendosi dentro alle gallerie ferroviarie. Oggi la chiesa della pace (che in parte è volutamente stata lasciata scoperchiata e diroccata come nei giorni della battaglia), ospita fra le sue mura il museo della Linea Gotica Orientale che è testimonianza di quel triste periodo.
Risalendo in bici affronterete la breve e ripida salita che vi porterà fino al centro storico di Montescudo. Come tanti castelli di queste zone, in epoca rinascimentale fu oggetto di contesa fra i Malatesta di Rimini e i Montefeltro di Urbino. Non vi si trova un maniero magnificente come quello di Verucchio o San Leo dei quail parleremo in futuro ma una vestigia particolarmente interessante dell’epoca malatestiana c’è: la ghiacciaia che si trova in un giardino all’aperto, vicino alle mura. Risale al milletrecento circa ed era il “freezer comunitario” degli abitanti di allora. In pratica, i cittadini di quell’epoca scavavano una fossa profonda diversi metri (questa di Montescudo arriva a cinque metri sotto terra), rivestivano le pareti di mattoni o pietre e la riempivano di neve e di cibi da conservare. Prima si gettava uno strato di neve che veniva pressato con i piedi e con arnesi simili ai moderni badili. Poi, si creava un letto di paglia e foglie secche sul quale si adagiavano i cibi da conservare. Sopra questi, veniva versato e pressato un altro abbondante strato di neve. Poi ancora paglia, foglie secche e cibo fino a che la ghiacciaia non era piena e veniva chiusa con un “coperchio” in muratura.
La misteriosa pagnotta di Montecolombo
Da Montescudo, seguite le indicazioni per Montecolombo (vi consigliamo di prendere la provinciale 42 che vi porta alla meta dopo soli quattro chilometri di pedalate). Montecolombo, pur diventando anch’esso un castello fortificato attorno all’anno mille per difendere gli abitanti dalle periodiche invasioni barbariche, non ha mai rivestito un’importante rilevanza storica. Così, non ci trovate particolari vestigia civili o religiose. Tuttavia, nel periodo che va da metà ottobre all’11 novembre, ci trovate uno dei dolci più “misteriosi” dell’Emilia-Romagna e, forse, d’Italia: la “Pagnotta di San Martino” (qui trovate l’articolo dedicato). E’ tipica del periodo autunnale, ottenuta con ingredienti che le famiglie contadine potevano reperire solo al termine dell’annata agraria, cioè fra le festività dei morti e il giorno di San Martino. Ma, soprattutto, la preparavano e la preparano solo a Montecolombo e in poche borgate vicine.
La sua ricetta è gelosamente custodita. Nel senso che le poche famiglie e i pochi fornai che la conoscono, la tramandano oralmente, di generazione in generazione, con tutte le piccole varianti che sono tipiche della “fantasia” di ogni professionista o di ogni azdora (l’azdora è l’antica massaia romagnola). A oggi, si calcola che non siano più di una cinquantina fra pasticceri e panificatori in grado di preparare la vera Pagnotta di San Martino e che ne preparino non più di duecento chilogrammi a ogni mese di novembre. La stessa Regione Emilia-Romagna, quando ne ha riconosciuta la tipicità, si è astenuta dall’indicarne che la ricetta, proprio perché segreta. Se lo trovate, prendetene un filone prima di ridiscendere a valle, verso il mare ma prima, se ne avete occasione, fate una piccolo deviazione verso la frazione di Croce. Lì ci troverete una delle aziende nostre fornitrici: la Cantina Fiammetta. Fateci un salto se potete, molti cicloturisti si fermano per una merenda e un assaggio di vino.
Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.