La Cantina Fiammetta è un’azienda vitivinicola che si muove con grande perizia fra tradizione e novità. Fondata da Benito Piva nel 1964 e portata avanti dalla figlia Fiammetta e dal genero agronomo Carlo Panzeri, oggi è in mano ai tre figli della coppia: Matteo, Jacopo e Francesco. Si trova a Croce di Montecolombo e si affaccia su una straordinaria veduta della mia amata Valconca. E, poiché Croce è a circa 300 metri sul livello del mare, in alcuni giorni dal terrazzamento della Cantina (che è anche agriturismo con due appartamenti per gli ospiti), si vedono le nuvole sparpagliarsi più in basso, sorvolando l’alveo del fiume Conca. Uno spettacolo di panorama. Sembra di volare…
La Cantina Fiammetta è una delle aziende fornitrici del nostro hotel. Matteo è il più grande dei tre fratelli che la gestisce ed è con lui che parliamo di questo piccolo gioiellino della Valconca. La chiacchierata inizia accennando alla recente vendemmia. “Ai primi di settembre abbiamo raccolto le uve di Trebbiano e di Pignoletto, – specifica. – Poi, la prima mandata di Sangiovese in purezza (12 gradi) che in bottiglia prende il nome di “Unico”. Dopo una decina di giorni, favoriti anche dal sole diurno e da una buona escursione termica notturna, è stata la volta delle uve dedicate al Sangiovese Superiore (13 gradi) e al Cabernet. Siamo molto contenti della vendemmia di quest’anno. Abbiamo avuto una buona estate con notti non troppo calde. Le piogge non hanno danneggiato il raccolto e il prodotto è sano. Avremo buoni vini. Anche la posizione delle nostre vigne ci aiuta: le piante sono esposte verso sud-ovest e prendono il sole per tutto il giorno. In più, hanno una buona ventilazione che s’incanala lungo il Conca. A volte dal mare, altre volte dal monte Carpegna”.
Le vigne della Cantina Fiammetta sono strettamente Biologiche. Come mai questa scelta? “E’ una scelta in continuità con quanto si è sempre fatto in quest’azienda. Mio nonno Benito non ha mai utilizzato niente di chimico per le vigne e noi abbiamo proseguito nel solco da lui tracciato. L’erba che nasce attorno alle viti, ad esempio, la tagliamo con strumenti meccanici e non “diserbiamo” con prodotti chimici. Per la concimazione usiamo solo il letame, concime naturale per eccellenza. Sulle foglie o sul frutto utilizziamo esclusivamente zolfo in polvere o in acqua per evitare la formazione della peronospora, una malattia provocata dal fungo plasmopara viticola che attacca le foglie della vite, oppure dell’oidio, altra malattia della vite derivata da un altro fungo che attacca i grappoli”.
Il biologico, insomma, come scelta dettata dalla tradizione. Quanto i fratelli Panzeri siano legati alle memorie e agli insegnamenti del passato, si capisce anche dal nome della loro bottiglia più rappresentativa. “E’ vero – sorride Matteo. – il nostro Sangiovese Superiore si chiama “Benedictus”, in onore del nonno Benito che fu il fondatore dell’azienda e agli insegnamenti del quale, come detto, ci ispiriamo. Abbiamo messo anche il suo profilo sull’etichetta, tanto per rafforzare il concetto”.
Un’iniziativa che sta a metà tra la tradizione e l’innovazione è la possibilità di spremere il vino come una volta, cioè con i piedi nel tino. “E’ un’occasione che diamo alle scuole e ai turisti nel periodo della vendemmia. I bambini delle primarie vengono a trovarci all’interno di un percorso didattico che li porta fin qua. Con noi raccolgono i grappoli dai filari; pigiano l’uva a piedi nudi e poi vengono in cantina a sentire il profumo del mosto. Per alcuni di loro è una festa, un gioco. Altri sono timorosi. Non si arrischiano a togliersi scarpe e calze per pigiare. Sembra loro una cosa strana, fuori dal mondo… La stessa cosa facciamo con i turisti che ci raggiungono dagli hotel della Riviera, soprattutto in bicicletta. I cicloturisti, oltre che pedalare, amano scoprire le bellezze enogastronomiche delle nostre vallate”.
Si “veste” completamente d’innovazione, invece, un’altra bottiglia di Cantina Fiammetta: Neroeron. “Il tutto nacque quando decidemmo di voler creare un vino un po’ più “importante”, l’unico che facesse un brevissimo passaggio in barrique per dargli una nota di rotondità leggermente superiore. Conoscevo bene Eron, un noto artista riminese, e gli chiesi di disegnare l’etichetta di questo nuovo vino. Lui tirò fuori un’idea davvero geniale dopo di che ci venne spontaneo chiamare “Neroeron” questo Colli di Rimini Doc Rosso con uve di Sangiovese, Cabernet Sauvignon e Montepulciano. Eron ha poi firmato dieci di quelle bottiglie della vendemmia 2011 che oggi sono in vendita a cento euro l’una”.
Per inciso, Eron, nome d’arte di Davide Salvadei, è oggi considerato fra i più importanti esponenti del graffitismo italiano, tanto da essere indicizzato anche dall’Enciclopedia Treccani. Espone e viene invitato in tutto il mondo e alcune sue opere sono di un impatto emotivo assoluto, si veda il murale dipinto nel 2018 su una facciata delle scuole comunali di Cevo, in Val Camonica, a ricordo dell’incendio appiccato in paese dai nazisti nel 1944.
E, sempre a proposito d’innovazione, ci sono novità in casa… “Ogni anno cerchiamo di fare qualcosa di nuovo. Abbiamo piantato nuovi vitigni. Nel 2020 andremo in produzione con la Rebola; integreremo la produzione di Chardonnay che abbiamo e, fra due o tre anni, avremo anche un Merlot”. Ma saranno tutti biologici, come da tradizione.
Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.