Un feroce cannibale si aggira nelle acque dell’Adriatico: è il granchio blu. Il suo nome scientifico è Callinectes sapidus (bella nuotatrice saporita) ed è anche chiamato granchio reale. E’ una specie “aliena” nelle nostre acque, nel senso che viene da fuori del Mediterraneo e la sua presenza minaccia l’intero ecosistema perché fa strage di telline, vongole e cozze e danneggia le reti da pesca con le sue chele lunghe e forti. La sua presenza è un pericolo per l’economia del mare e anche un rischio ambientale. Già a gennaio di quest’anno, diversi centri di ricerca biologica marina ne segnalavano la presenza e la pericolosità. Oggi siamo arrivati a un punto di non ritorno. Forse. Vediamo di conoscere meglio questa presenza indesiderata e cerchiamo di capire cosa fare per limitare i danni.
Il granchio blu, dall’Atlantico al Mediterraneo
Questa specie è originaria dell’Oceano Atlantico, dove vive lungo le coste dell’intero continente americano. Può arrivare a 15
centimetri di lunghezza e a 25 centimetri di larghezza, raggiungendo anche il chilo di peso. Dunque è molto più grosso rispetto ai granchi che siamo abituati a vedere nel nostro mare. Sopravvive a diverse temperature, tra i 3 e i 35 gradi, con notevole adattabilità. È probabile che sia arrivato nel Mediterraneo trasportato con l’acqua di zavorra delle navi, uno tra i casi di invasione più comuni. Anche il cambiamento climatico ha certamente influito. Ernesto Azzurro, dirigente di ricerca all’Istituto per le Risorse biologiche e le biotecnologie marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Irbim-Cnr) di Ancona, ha recentemente detto: “Il nostro istituto lavora su modelli in cui si proietta la futura distribuzione di queste specie ittiche invasive rispetto ai diversi scenari di cambiamento climatico. Quello che osserviamo è una progressiva espansione del fenomeno. Queste specie amplieranno la loro presenza nel Mediterraneo per l’aumento delle temperature, ma anche della salinità. Prevediamo una progressiva e rapida espansione geografica di queste specie e, dall’altra parte, il declino di specie native del Mediterraneo, con minore affinità termica”. Insomma, secondo questo autorevole ricercatore il cambiamento climatico ha un ruolo importante.
Granchio blu, chi può fermarlo?
Si chiama granchio blu perché le chele sono di colore blu però solo nei maschi. Nelle femmine sono rosse. Il blu è dovuto alla presenza di una caroteno-proteina, ma diventa rosso in cottura a seguito della denaturazione della stessa. Secondo alcuni recenti studi, le femmine possono arrivare a deporre anche tra due e otto milioni di uova per covata (altri granchi arrivano, al massimo, a 900mila). Infine, sono animali onnivori e aggressivi: si nutrono di tutto ciò che riescono a catturare. Compresi altri granchi blu che siano in periodo di muta e dunque senza il carapace a proteggerli. Nel Mediterraneo questo crostaceo fa quel che vuole perché non ci sono predatori adatti a contrastarlo. Tranne uno: l’uomo. In effetti, l’unico modo per provare a fermarne la crescita rapida è pescarne la maggior quantità possibile. Il governo sembra essere consapevole della situazione tanto da aver stanziato quasi tre milioni di euro per consorzi e imprese che catturino e smaltiscano questa specie marina.
Il granchio blu in cucina
Finora abbiamo parlato dei problemi, grossi, che il granchio blu ci sta portando. Va anche detto che si tratta di un animale molto interessante dal punto di vista gastronomico. Nel nostro Paese, da tempo, si è creato un vero e proprio mercato dovuto alla prelibatezza delle sue carni, con un prezzo di vendita all’ingrosso di 30-40 euro al chilo. I ristoratori cinesi e giapponesi presenti sul nostro territorio lo stanno inserendo nei propri menù anche a 100 euro al chilo. La sua richiesta (e quindi anche il prezzo) sono in crescita, man mano che i consumatori vengono a conoscenza delle sue caratteristiche. In effetti, il granchio blu ha una significativa importanza culinaria ed economica soprattutto negli Stati Uniti, in particolare nello stato del Maryland, in Louisiana, North Carolina, Delaware, Chesapeake Bay e New Jersey, dove rappresenta il prodotto della pesca più importante. Si consideri che in Messico e negli Stati Uniti, ogni anno si consumano circa sessantamila tonnellate di questo alimento pregiato che arriva a costare fino a 150 euro al chilo.
Due idee per mangiare il granchio blu
Insomma, visto che ci dovremo convivere, tanto vale mangiarlo. Eccovi due veloci suggerimenti:
Granchi blu al vapore. Lavate i granchi in acqua dolce. Immergeteli per circa venti minuti in acqua bollente. Una volta diventati
di colore rosso possono essere gustati. E’ preferibile evitare aromi e spezie per non alterarne il sapore dolce. Spaghetti al granchio blu. Come nella precedente ricetta, dopo aver lavato i granchi, metteteli a bollire in una pentola sino a quando il carapace non diventa rosso. Toglieteli dall’acqua e tagliateli a metà recuperandone la polpa dal carapace e dalle chele. A parte preparate una padella con tre cucchiai di olio evo e uno spicchio d’aglio. Soffriggete alcuni minuti e aggiungete dei piccoli pomodorini pachino tagliati a metà. Dopo cinque minuti di cottura a fuoco vivo aggiungete la polpa di granchio e fate cuocere per un paio di minuti. Salate e pepate e aggiungete prezzemolo fresco. A questo punto condite gli spaghetti e mettete in tavola. Pensate che oltre a mangiare qualcosa di gustoso, state anche aiutando l’ambiente. Magari fosse sempre così…
Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.