Circa due anni e mezzo fa scrivemmo del caffè, raccontandone la storia, le leggende e la commercializzazione. Si tratta della bevanda più consumata al mondo e può essere preparata in vari
modi: dall’espresso all’italiana, alla moka, alla caffettiera napoletana, con filtro “all’americana”, infuso alla turca, e poi ancora in altre maniere. La sua duttilità è stata probabilmente all’origine del suo successo. Ma non di solo caffè vive l’uomo! Infatti, ci sono persone che non amano il suo gusto oppure che, per motivi di salute, devono evitare la caffeina. Questa, come ormai sappiamo tutti, su soggetti predisposti può causare tachicardia, ipertensione e aritmie. Inoltre, può avere effetto ansiogeno e provocare tremori, insonnia ed eccitabilità. Però, i problemi che può creare questa bevanda si possono “bypassare” utilizzando delle alternative gustose e meno dannose, sempre stando attenti a non esagerare con le quantità. Tra i “caffè” alternativi, possiamo citare il ginseng, l’orzo e la cicoria. Vediamo di conoscerli un po’ meglio.
Dall’Asia, il ginseng
Il ginseng è una radice di origine asiatica: il suo nome deriva dal termine cinese “rensheng”, che significa “uomo”. Il ginseng, infatti, nella cultura orientale, è considerato un rimedio naturale contro qualunque tipo di malattia e indebolimento che può colpire l’essere umano. In pratica, questa radice è considerata un “tonico”. In Asia, questa bevanda ha iniziato a diffondersi dapprima in Thailandia e Malaysia come preparato solubile confezionato in monodose e poi in altri Paesi. L’aspetto era del tutto simile a quello del caffellatte, dato che il preparato conteneva, negli ingredienti, crema di latte in polvere, zucchero, caffè istantaneo (dunque il termine caffè al ginseng può considerarsi corretto) ed estratto secco di ginseng. E piaceva a tanti, dai più giovani ai meno giovani, proprio per il suo gusto inconfondibile e delicato, perfetto per ogni momento della giornata.
Il ginseng in Italia
Il ginseng ha pian piano conquistato sempre più mercati ed è arrivato anche in Italia circa venti
anni fa. Da allora, il Belpaese è la nazione europea a farne l’uso più massiccio. Inizialmente erano poche le aziende operanti nel settore che trattavano il caffè al ginseng che, ovviamente, veniva principalmente importato dall’Asia. La produzione su suolo italiano ha iniziato ad avvenire solo qualche anno dopo, ma timidamente. Questa bevanda, nello Stivale, ha iniziato a diffondersi soprattutto nei bar, dove si trovano macchine automatiche per l’erogazione di prodotti solubili che fino a qualche tempo fa venivano utilizzate principalmente per il caffè d’orzo, già molto amato e del quale parleremo tra qualche riga di testo… I suoi benefici le hanno fatto conquistare quote di mercato crescenti. Se ben preparato, il caffè al ginseng, oltre ad avere una percentuale di caffeina molto bassa, ha un gusto vellutato, è tonificante ed energizzante, riduce lo stress e la fatica, migliora l’umore, la vitalità, la memoria e rinforza il sistema immunitario. Sempre se, as usual, non se ne abusa.
Il “caffè” d’orzo
Il caffè d’orzo, invece, andrebbe chiamato bevanda all’orzo perché non contiene caffè. E’ una tipica bevanda calda italiana prodotta dall’orzo essiccato o tostato e poi macinato, simile all’espresso. E’ stato molto usato in passato quando non per tutti era economicamente accessibile il caffè, e in particolar modo quando questo divenne sempre più raro tra il 1936 e il 1945 a causa dell’embargo imposto dalla
Società delle Nazioni in seguito all’invasione italiana dell’Etiopia. A seconda del tipo di lavorazione della polvere, può essere semplicemente sciolto in acqua calda, preparato con la moka o infuso come un caffè turco. Oggi, la principale attrattiva di questa bevanda è che non contiene caffeina, per cui può essere consumata anche da chi ha bisogno di limitare l’assunzione di questa sostanza, mantenendo la vaga impressione di bere del caffè vero e proprio. Inoltre, l’orzo come cereale possiede alcune caratteristiche salutari: svolge ad esempio una funzione antinfiammatoria.
Quando l’orzo viene preparato per infusione, si ottiene una bevanda dal colore più simile al the che al caffè. Questa bevanda è conosciuta fin dall’antichità, tanto che è chiamata la “tisana d’Ippocrate” il famoso medico dell’antichità greca che lodò le proprietà di questo cereale. In Giappone questo tipo d’infuso è chiamato mugicha e viene consumato in grandi quantità.
Il “caffè” di cicoria
Il caffè di cicoria è una bevanda che negli ultimi anni sta venendo sempre più apprezzata da moltissime persone. Potremmo dire che è “tornata di moda”, dopo aver avuto un periodo di enorme successo “forzato” durante la seconda guerra mondiale, per lo stesso motivo per il quale era diventato
un prodotto di largo consumo anche l’orzo: embarghi commerciali e autarchia produttiva. La sua storia e le sue origini non sono molto chiare. Alcuni studiosi ritengono che sia nato in Francia nell’Ottocento, quando c’era penuria di caffè, ma non vi sono fonti certissime in merito. A livello di proprietà, il caffè di cicoria porta diversi benefici: aumenta l’appetito; svolge un’azione digestiva perché stimola la produzione di succhi gastrici; migliora la funzionalità biliare; possiede proprietà diuretiche e contrasta flatulenza, meteorismo, tensione addominale e gonfiore. Come effetto collaterale negativo c’è che è un gastrostimolante, dunque non va bene per persone affette da gastrite e da reflusso gastroesofageo.
Come si prepara il caffè di cicoria?
Esistono diverse versioni del caffè di cicoria. La prima, la più diffusa, è quella macinata, che può essere preparata utilizzando la moka (proprio come per un normale caffè). Per una buona preparazione il filtro della moka non va riempito fino all’orlo: la bevanda deve venire su al meglio, perciò va riempito solo fino alla metà. In alternativa si fa bollire una tazza d’acqua con dentro un cucchiaino di grani di cicoria. Questo per due-tre minuti, poi bisogna spegnere, filtrare e bere. C’è anche il caffè di cicoria solubile da aggiungere ad acqua, latte o altre bevande vegetali, oppure quello compatibile con le macchine del caffè. Anche il caffè di cicoria non ha caffeina, proprio come l’orzo. Andrebbe dunque chiamato “bevanda alla cicoria”.
Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.