C’è una merenda mattutina più golosa di un pezzo di spianata ripieno di mortadella? Oppure di una rosetta tagliata a metà che fa da contorno a una bella fettona di questo insaccato? Difficile pareggiare tanto gusto. “Però – mi direte – la mortadella è grassa e fa male!” – Beh… non è tanto vero. Andiamo a scoprire qualcosa di più di questa bontà a volte fin troppo demonizzata.
Innanzitutto, abbiamo la mortadella Bologna Igp, cioè a indicazione geografica protetta. Gode di un suo
disciplinare che obbliga chi la prepara a seguire determinati requisiti. Leggiamone un paio di articoli: “La zona di elaborazione della “Mortadella Bologna” comprende il territorio delle seguenti regioni o province: Emilia Romagna, Piemonte, Lombardia, Veneto, provincia di Trento, Toscana, Marche e Lazio. In quanto alle materie prime utilizzate, la “Mortadella Bologna” è costituita da una miscela di carni di suino ottenute da muscolatura striata appartenente alla carcassa, ridotta a grana fine con il tritacarne, lardelli di grasso suino di gola cubettato, sale, pepe intero e/o in pezzi, insaccata in involucri naturali o sintetici e sottoposta a un prolungato trattamento di cottura in forni ad aria secca. Possono inoltre essere impiegati: stomaci suini demucosati, grasso suino duro, acqua secondo buona tecnica industriale, aromi naturali, spezie e piante aromatiche, pistacchio, zucchero alla dose massima dello 0,5%, nitrito di sodio e/o potassio alla dose massima di 140 parti per milione, acido ascorbico e suo sale sodico. Non sono ammessi aromi di affumicatura. Non possono essere usate carni separate meccanicamente”. Oltre a questi aspetti, il disciplinare prevede anche una precisa lavorazione; specifiche caratteristiche organolettiche e determinati controlli. Alla fine otteniamo il gustoso cibo che tanti amano: un insaccato cotto; dalla forma cilindrica od ovale, di colore rosa e dall’odore intenso e leggermente speziato.
L’origine del nome “mortadella” è dibattuta. Una teoria fa derivare il nome dal termine latino mortarium (mortaio), attrezzo tradizionalmente usato per pestare la carne. Questa teoria si basa su due steli funerarie custodite nel Museo archeologico di Bologna, una raffigurante un branco di maialini e l’altra un mortaio e pestello, attrezzi solitamente usato dai romani per lavorare le carni. Un’altra teoria fa derivare il nome da una salsiccia romana aromatizzata con bacche di mirto chiamata farcimen myrtatum o farcimen murtatum (salsiccia di mirto).
Di mortadella si parla anche nei libri di cucina del Quattordicesimo secolo quando è molto probabile esistessero diversi tipi di mortadella confezionate con carni di vitello e di asino. Nel 1644 l’agronomo (nonché marchese) bolognese Vincenzo Tanara, nel suo trattato “L’economia del cittadino in villa”, scrisse una ricetta di mortadella nella quale indicava sia la quantità e il tipo di spezie da utilizzare, sia le dosi della carne, sia la lavorazione del salume. Nel 1661, per regolarne la produzione, fu pubblicato un bando del cardinale legato di Bologna, Girolamo Farnese, che impediva la produzione di mortadella con carni diverse da quelle di maiale. In pratica, un primo disciplinare di produzione.
Ma se la mortadella bolognese Igp è quella più “classica”, non è l’unica esistente. Ce ne sono altre sempre
preparate con carni suine e che portano la dicitura: “mortadelle di puro suino”. Poi altre ancora nelle quali troviamo anche carni bovine e ovine. Nel nostro Paese, ad esempio, c’è la mortadella della Val d’Ossola che, in pratica, è un salame; la mortadella di Prato, arricchita con alchermes; la mortadella di fegato di Novara; la mortadella della Val di Non anch’essa simile a un salame e quella di Campotosto che ha il grasso tutto al centro. C’è anche una mortadella portoghese che prevede l’utilizzo delle olive.
Ma è poi così vero che la mortadella fa male? A dir la verità, un etto di mortadella di solo maiale ha 317 calorie (La Igp bolognese addirittura 288), meno di un etto di salame (336) o di prosciutto (345). Contiene più grassi insaturi (meno pericolosi per la salute), che grassi saturi. Il colesterolo è pari a 70 milligrammi all’etto. Una persona in salute può consumare fino a 300 milligrammi di colesterolo al giorno per cui si potrebbe concedere ben più di una sola fetta. La mortadella contiene vitamina B12, ottima per la crescita; ferro molto assorbibile dall’organismo e diverse proteine ad alto valore biologico. Insomma, senza esagerare, si può mangiare anche un paio di volte la settimana. Addirittura, essendo un insaccato cotto, se ne può approfittare anche durante la gravidanza, quando invece è bene evitare altri salumi crudi.
Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.