Dopo il caco e i cavoletti di Bruxelles, continuiamo a trattare cibi di stagione e quello del quale scriveremo oggi è, forse, il frutto con più leggende e simbologie al suo riguardo. Conosciuto e coltivato fin dalla notte dei tempi: stiamo parlando della melagrana che, secondo l’Accademia della Crusca, al plurale diventa melagrane, mentre l’albero che le produce si chiama melograno. L’attuale nome in italiano viene dal latino “malum granatum” cioè “mela granata” ma la sua origine è di molto precedente all’epoca romana.
Le prime notizie storiche sul melograno risalgono all’antica Persia, a più di cinquemila
anni fa. Cresceva spontaneo in alcune zone dell’attuale Afghanistan, in particolare nelle pianure inttorno a Kandahar, oggi città famosa per motivi ben più tristi. Dalla Persia giunse nei paesi del Mediterraneo grazie ai fenici che, abili navigatori e grandi commercianti, solcavano tutti i mari allora conosciuti. Da allora il successo di questo frutto è stato inarrestabile. Per gli ebrei, vicini di casa dei Fenici, divenne subito simbolo di correttezza e onestà e ancora oggi durante il capodanno ebraico, il Rosh ahShana, si recita la formula: “I nostri meriti siano numerosi come i semi del melograno”. Sempre secondo le credenze ebraiche una melagrana conterrebbe 613 semi, il numero dei comandamenti della Torah (le tavole della Legge). E, per finire, alcuni studiosi della teologia ebraica sostengono che il frutto dell’albero della vita nel giardino dell’Eden fosse una melagrana e non una mela. Cambiando religione, per il Corano dei musulmani è una delle ricompense per chi si merita il paradiso.
Nelle tombe dell’antico Egitto (dal 3000 al 1000 avanti Cristo) si disegnavano melagrane e il faraone Ramses IV se ne fece mettere una bella scorta nella sua piramide, perché lo accompagnassero nel suo viaggio verso l’aldilà. Secondo gli antichi greci erano sacre ad Afrodite e a Era, sposa di Zeus. Proprio alla mitologia greca dobbiamo alcune delle leggende più note sul melograno. Secondo una prima versione, fu Afrodite che lo piantò a Cipro e per questo fu un albero a lei sacro (più prosaicamente la melagrana arrivò prima a Cipro rispetto al resto della Grecia per merito dei soliti navigatori fenici); Un’altra tradizione vuole che questo frutto venga dal sangue di Dioniso (dio della vite e del delirio mistico) perché violentemente preso dalla passione per Afrodite; oppure perché ucciso da Era in quanto figlio di Semele e Zeus e dunque frutto dell’ennesimo tradimento del padre di tutti gli dei nei confronti della legittima consorte. Ovviamente, essendo un dio, Dioniso tornò in vita con tranquilla nonchalance. Un ultimo mito è legato alla figura di Persefone, figlia di Demetra (dea della natura) che, rapita da Ade (dio degli inferi), venne punita per aver gustato sei semini di una melagrana e costretta a vivere sei mesi all’anno con la madre sulla terra e altri sei mesi negli inferi con Ade diventato poi suo marito. Con questo mito gli antichi greci spiegavano l’alternanza delle stagioni.
Si potrebbe continuare all’infinito a scrivere della presenza simbolica della melagrana nella storia, nel costume, nell’arte e nelle religioni. Nella Roma antica le spose adornavano i capelli con rami di melograno a simboleggiare fertilità e ricchezza. Gli Arabi esportarono questo frutto in Spagna nei secoli della loro dominazione e la città di Granada si chiama così perché la traduzione in spagnolo di melagrana è, appunto “granada”. In Dalmazia (una regione della Croazia) e in alcune zone della Grecia, ancor oggi lo sposo trapianta nel giardino di casa un melograno preso da quello del suocero a simboleggiare continuità nella prosperità. L’esempio più alto della presenza di questo frutto nell’arte è forse “La Madonna della Melagrana” del Botticelli, un dipinto a tempera su tavola nel quale la melagrana rappresenta molto chiaramente il sacrificio di Gesù per la salvezza dell’umanità. In letteratura, come non citare lo incipit di “Pianto Antico”, la malinconica poesia di Giosuè Carducci in memoria del figlio Dante, morto bambino: “L’albero a cui tendevi / la pargoletta mano, / il verde melograno / Da’ bei vermigli fior…”.
Per essere una pianta così amata e rappresentata nel corso dei secoli, evidentemente il
melograno deve avere delle caratteristiche “super” e, in effetti, ha numerose proprietà e benefici. Prima di tutto la melagrana è multivitaminica: contiene vitamine dei gruppi A, C, E e B. E’ ottima per il sistema immunitario: la vitamina C che le appartiene previene i malanni di stagione e rafforza l’organismo. E’ antibatterica e antivirale. E’ ricca di sali minerali preziosi per l’organismo come manganese, potassio, zinco, rame e fosforo. Previene l’invecchiamento perché è ricca di antiossidanti che combattono i radicali liberi e, in particolare, contiene molti flavonoidi che agiscono contro l’invecchiamento precoce. E’ diuretica grazie al notevole contenuto d’acqua e di potassio. Se mangiata con costanza abbassa i livelli di colesterolo e pressione sanguigna. Contrasta malattie come la colite e il morbo di Crohn. Migliora la memoria e può aiutare a prevenire le malattie degenerative del cervello. Ha poteri anticancerogeni riguardo ad alcuni tumori grazie ai flavoni, agli acidi grassi coniugati, ai fenilpropanoidi e agli acidi idrobenzoici che contiene. Rinforza le ossa aiutando le cartilagini ed è utile anche per chi soffre di artrite. Infine, è scientificamente provato che l’estratto di melagrana protegge i reni dalle infezioni .
Forse tutte queste proprietà benefiche spiegano perché questa pianta e questo frutto siano sempre stati così cari e preziosi a tutta l’umanità, nel corso dei millenni.
Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.