Lo sapevate che la carbonara è nata a Riccione per merito di un cuoco bolognese? No? Beh, è andata così… Siamo nel settembre del 1944. Le truppe alleate a guida inglese hanno iniziato da poche settimane l’assalto alla Linea Gotica, la linea difensiva che i nazisti avevano costruito fra Pesaro e Rimini a est e fra Massa, Carrara e La Spezia a ovest. Trecentoventi chilometri coperti da 479 cannoni, 2375 mitragliatrici, 100mila mine, 4mila casematte e 16mila postazioni per cecchini. Il 21 di quel settembre di guerra gli Alleati decidono di festeggiare con una cena di gala il primo sfondamento della linea Gotica in un hotel di Riccione, il Vienna, sede del quartier generale del comandante dei canadesi, Eedson Burns. Ci sono personaggi d’importanza assoluta. Fra questi gli inglesi Harold Macmillan, uomo politico molto esperto, vicinissimo a Churchill e grande consigliere di americani e inglesi sullo scacchiere del Mediterraneo (sarebbe poi diventato Primo Ministro dal 1957 al 1963); Harold Alexander, comandante di tutte le forze alleate nel Mediterraneo e Oliver Leese, comandante dell’Ottava Armata Britannica.
Burns ci tiene a fare bella figura e incarica della preparazione della cena un cuoco bolognese 23enne: Renato Gualandi. Che ci fa Gualandi a Riccione? E’ un militare italiano arrivato da qualche mese, dopo essere scappato dalla Slovenia a seguito dell’armistizio dell’8 settembre, per riunirsi alla “morosa”, la riccionese Lucia Berardi che diventerà poi sua moglie. Ovviamente, giunto a Riccione cerca di darsi da fare e scopre che un cuoco può far comodo negli “alti comandi Alleati”. Per quella grande cena di gala, Gualandi deve fare con quel che ha a disposizione: spaghetti canadesi (!), bacon, tuorli d’uovo in polvere, crema di latte. Nel 2007, sarà lo stesso Gualandi a raccontare in prima persona, durante un pranzo con amici, cosa successe: “Tagliai il bacon alla julienne, lo tostai, aggiunsi la crema di latte, l’uovo, un po’ di formaggio e lascia cuocere tutto a basso calore. Accompagnai il piatto con pezzetti di pane perché i commensali potessero gustare fino in fondo il sughetto e, alla fine, aggiunsi un’abbondante spolverata di pepe nero macinato fresco. Ricordava la polvere di carbone”. Per questo Gualandi decide di chiamare questa nuova ricetta spaghetti alla carbonara. Un nuovo primo piatto di grande successo era nato.
Da quel giorno la carriera di Gualandi decolla. A Riccione lavorerà al Des Bains e allo stesso
Vienna. Tornato a Bologna aprirà il ristorante 3G che sarà uno dei “templi” della cucina italiana ospitando personaggi quali Beniamino Gigli, Ermino Macario, Ugo Tognazzi, Anna Magnani, Pier Paolo Pasolini, Mario Soldati, Enrico Mattei e tanti altri. Sarà l’unico cuoco italiano ammesso all’Eliseo per cucinare per il presidente Charles De Gaulle; organizzerà il pranzo per Giuliana, regina d’Olanda, a Valkenburg. “Ma la soddisfazione più grande della mia vita – racconterà in seguito – fu nel 1963 quando i francesi mi diedero il titolo di Gran Cancelliere della Commanderie del Cordons Bleus”.
Ma allora, se la carbonara è stata inventata da un cuoco bolognese a Riccione, come provano le stesse parole di Gualandi, perché è diventata un piatto della tradizione romana? Si può ipotizzare che alcuni cuochi degli eserciti alleati, i quali in quel 21 settembre 1944 potevano aver dato una mano a Gualandi nella cucina dell’Hotel Vienna, abbiano memorizzato la ricetta e, spostandosi al seguito dei propri generali a Roma, l’abbiano ripetuta durante altre cene e l’abbiano insegnata ai cuochi della capitale. La storia secondo la quale Gualandi avrebbe inventato la ricetta sì nel 1944, ma a Roma e non a Riccione non è verosimile perché Gualandi, in quel periodo, non si recò mai nella capitale. Né sono maggiormente credibili le storie che raccontano della carbonara come di una pietanza nata nel napoletano dove esisteva da secoli un primo piatto con formaggio e uova o in Abruzzo, cucinata dai carbonai in montagna o, addirittura, fatta risalire ai tempi della carboneria italiana. Che non sia un piatto della antica tradizione romana, poi, è attestato dalla stessa storia perché fino al 1950 non si trova traccia della carbonara in nessun ricettario di cucina romanesca.
Ecco, ora che abbiamo finalmente ristabilito una verità inconfutabile dando a Gualandi quel
che è di Gualandi e a Riccione quel che è di Riccione, proviamo a fornirvi una ricetta della carbonara che, come sempre succede, è stata protagonista di rivisitazioni (con la panna o senza? Pecorino o parmigiano? Uova intere o solo tuorli?) a volte sfociate in dispute feroci (pancetta o guanciale?). Noi ve la forniamo così, voi poi potrete modificare qualcosa a vostro piacimento, nessuno si offenderà.
Ingredienti per quattro persone: 350 grammi di spaghetti medi; 100 grammi di guanciale senza cotenna; 30 grammi di formaggio parmigiano grattugiato 30 grammi di pecorino stagionato grattugiato; Quattro tuorli d’uovo; olio extravergine d’oliva; sale; pepe nero.
Preparazione: tagliate il guanciale a fette spesse circa 0,5 centimetri e a listarelle lunghe 5. Mescolate i tuorli con i formaggi grattugiati e un pizzico di pepe. Scaldate in una padella un cucchiaio di olio e rosolatevi il guanciale a listarelle per circa due minuti, fino a che non sarà croccante. Spegnete il fuoco e lasciate intiepidire. Nel frattempo cuocete la pasta in acqua salata; tenete da parte un mestolo di acqua di cottura, quindi scolate la pasta al dente. Versate l’acqua calda tenuta da parte nella padella con il guanciale intiepidito. Trasferite la pasta nella padella e mescolate. Unite anche il composto di tuorli e formaggio mescolando velocemente. La padella tiepida e la pasta calda cuoceranno leggermente le uova rendendole cremose. È importante essere svelti per evitare che il tuorlo si rapprenda e assuma la consistenza dell’uovo strapazzato. Insaporite con il pepe nero macinato e servite immediatamente.
Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.