Tempo fa, affrontammo la questione e la storia della conservazione “a freddo” dei cibi in
questo articolo. Ma quando l’uomo comprese che poteva conservare gli alimenti pur non avendo a disposizione del ghiaccio o una “neviera”? Quando i nostri antenati capirono che sarebbe stato bello consumare in inverno la frutta, le erbe e gli ortaggi estivi, oppure la carne e il pesce, pur non avendo a disposizione il “freddo”?
I primi a ragionarci su e a trovare una soluzione a questo problema furono addirittura i Neanderthal, gli ominidi che vissero sulla Terra fra il 200mila e il 40mila avanti Cristo. Usavano il fuoco per affumicare gli alimenti e conservarli per più tempo possibile. L’homo sapiens, cioè la nostra specie, apparsa 300mila anni fa in Africa, già aveva imparato a usare dei “camini” per l’affumicazione. Aveva notato che il calore del fuoco riduceva il contenuto d’acqua del cibo, che così resisteva di più prima di guastarsi nei mesi più duri dell’anno.
Il resto è storia. Nel Cinquemila avanti Cristo i babilonesi usavano l’aceto come agente di conservazione del cibo. Gli egizi (dal 3500 avanti Cristo in poi), essiccavano i cereali in anfore sigillate per mantenerli il più a lungo possibile. Qualche secolo dopo, sappiamo che i Fenici, grandi navigatori (pare che furono i primi a circumnavigare tutta l’Africa), caricavano sulle loro navi delle grandi quantità di anfore contenenti carne secca e pesce affumicato o sotto sale.
Conservazione dei cibi nella storia
I primi a mettere per iscritto una specifica tecnica di conservazione dei cibi furono i greci che, non per niente, sono considerati il caposaldo culturale dell’Occidente. E fu niente meno che il filosofo Aristotele, uno dei padri del pensiero occidentale e precettore di Alessandro Magno, a porsi la domanda: “Ma se volessi conservare una mela fresca e fragrante anche fuori stagione, come potrei fare?”. Il fondatore della scuola filosofica peripatetica trovò anche la soluzione a questa domanda: “Avvolgendola in un involucro di creta preparato da un vasaio”. Rotta la “custodia” mesi dopo, la mela risultò croccante come appena spiccata dall’albero. In epoca romana, Catone detto il Censore, uno che non amava lo sperpero di denaro né pubblico (istruì un processo contro il famoso Scipione l’Africano per questo) né privato, ordinò ai suoi contadini di: “Conservare tutti gli anni pere secche, sorbe, fichi, uva secca, sorbe nella sapa, pere e uve nelle giare, mele, uva nelle vinacce e nei vasi interrati, nocciole di Preneste, mele di Scanzio nelle giare”. Un gran risparmiatore. Solo qualche decennio dopo, Marco Gavio Apicio, un nome che abbiamo già incontrato in queste nostre divagazioni sulla storia del cibo e della cucina, scrisse in alcuni suoi appunti (che nel corso dei secoli sarebbero poi stati organizzati in un libro, il De Re Coquinaria), che lui conservava: “La carne senza sale, con il miele; i pesci fritti coprendoli d’aceto caldo appena tolti dall’olio; rape, navoni e tartufi sommergendoli, a strati, nella segatura”. Mah… qualche dubbio viene anche a voi?
La vera rivoluzione nella conservazione si ha durante… la rivoluzione francese. Nicola Appert, un pasticcere d’oltralpe, si accorge che i cibi chiusi ermeticamente in vasi di vetro durano tantissimo. Capisce qual è il principio della sterilizzazione, la quale garantisce l’eliminazione dei microorganismi e degli enzimi dannosi per il fisico dell’uomo grazie a temperature superiori ai 100 gradi centigradi. Nel 1804 ci scrive su un libro dal brevissimo titolo: “Livre de tous le menages, ou l’art de conserver plusieurs années toutes les substances animales et végétales” e afferma che: “Con questo processo vi sarà possibile trasferire nella vostra cantina tutto quanto il vostro orto produce in primavera, in estate e in autunno e dopo parecchi anni troverete i vostri alimenti vegetali ancora buoni e sani come quando li avete raccolti”. Aveva ragione.
Da quel momento i metodi di conservazione si moltiplicano. Pierre Durand, un inglese, nel 1810 scopre un processo di sterilizzazione che prevede l’utilizzo della latta al posto del vetro. Sarà decisivo, negli anni a venire, per “l’esplosione” del cibo conservato sugli scaffali dei negozi. Di questa novità anglosassone approfitta qualche tempo dopo Giuseppe Lancia (sì, proprio uno di quelli della famiglia delle automobili), il quale brevetta un metodo di conservazione che gli permette di preparare cibi su larga scala (dall’insaccatura dei salumi, alla cottura delle carni in scatola fino al confezionamento di dadi da brodo). Vince così una gara d’appalto per fornire di carne in scatola e brodo concentrato agli eserciti piemontese, francese e inglese impegnati nella guerra di Crimea. Finché arriviamo a Ruben Rausing, lo svedese che inventa e commercializza il Tetra Pack, l’ultima (per ora) rivoluzione nella conservazione dei cibi a lunga scadenza.
Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.