Il Parmigiano Reggiano è il formaggio di alta qualità che tutti noi conosciamo e che viene prodotto
esclusivamente nelle province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna (a sinistra del fiume Reno) e Mantova (a destra del Po). Per rispettare il disciplinare di produzione della Dop, gli allevamenti, il latte, la lavorazione, la stagionatura e il confezionamento devono avvenire all’interno di questo territorio. Anche il foraggio dato alle mucche (il regolamento impedisce che si usino foraggi insilati, cioè conservati, nonché alimenti fermentati e farine di origine animale) deve provenire da queste zone.
Insomma, stiamo parlando di un cibo di qualità altissima, la cui storia risale al medioevo. Furono i monasteri cistercensi e benedettini presenti in questi territori, spinti dall’esigenza di trovare un formaggio a lunga conservazione, a trovare la formula giusta utilizzando il latte delle loro fattorie e il sale delle saline di Salsomaggiore. Il successo di questo formaggio fu immediato tant’è che nel 1254 si trova traccia del “caseus parmensis” in un atto notarile redatto a Genova. Già in quell’epoca il Parmigiano Reggiano arrivava nelle regioni limitrofe come Lombardia, Liguria, Piemonte, Toscana e Romagna per poi raggiungere i porti del nord Italia per partire, infine, alla conquista dei paesi che si affacciavano sul Mediterraneo. Il Parmigiano Reggiano entra anche nella storia della letteratura italiana con Giovanni Boccaccio. Lo scrittore fiorentino, nel suo celeberrimo “Decamerone”, scritto nel 1351, racconta: “Et eravi una montagna tutta di formaggio Parmigiano grattugiato, sopra la quale stavan genti, che niuna altra cosa facevan, che fare maccheroni e ravioli e cuocerli in brodo di capponi, e poi li gittavan quindi giù, e chi più ne pigliava, più se n’aveva”. Per l’illustre toscano, questo era il paese del
bengodi.
La commercializzazione continua a espandersi nel corso dei secoli con grande successo tanto che il duca di Parma Ranuccio I Farnese ufficializza la denominazione d’origine del Parmigiano con un atto del 7 agosto 1612. Già da allora si avvertiva l’esigenza di tutelare questo formaggio che sarebbe poi diventato il più copiato al mondo. Il “marchio d’origine”, in senso moderno, arriva il 27 luglio 1934 quando i caseifici della zona si accordano fra loro mentre nel 1992 arriva la Dop (Denominazione d’origine protetta) per come la conosciamo oggi.
Ma perché questo formaggio è così buono e particolare? Come viene prodotto? Si comincia a versare il latte munto la mattina e la sera precedente in tipiche caldaie di rame a forma di campana rovesciata. Per ogni forma di Parmigiano Reggiano occorrono circa 550 litri di latte. La coagulazione del latte avviene lentamente e naturalmente grazie all’aggiunta di caglio e del siero ottenuto dalla lavorazione del giorno precedente. La cagliata viene frammentata in granuli con lo spino, un attrezzo che serve a questo scopo. Si arriva così al momento della cottura che avviene a 55 gradi e, al termine della quale, i granuli caseosi cadono sul fondo della caldaia formando un’unica massa. Poco meno di un’ora e questa massa viene estratta per farne due forme gemelle che saranno immesse in delle “fascere” che daranno loro la forma che noi tutti conosciamo.
E’ a questo punto che a ogni forma è assegnata una placca di caseina con un codice alfanumerico unico e progressivo: è la carta d’identità che in ogni momento e in ogni luogo rende possibile identificarne l’origine. Poi, una speciale fascia marchiante incide sulla forma il mese e l’anno di produzione, il numero di matricola del caseificio e l’inconfondibile scritta a puntini su tutta la circonferenza delle forme. Non è finita qui perché le forme, dopo pochi giorni, sono immerse in una soluzione satura di acqua e sale: è l’ultimo passaggio della fase di produzione prima di passare alla stagionatura.
Quest’ultima dura, al minimo, un anno ed è la più lunga tra tutti i formaggi Dop. Trascorsi questi dodici mesi, gli esperti del Consorzio controllano tutte le forme attraverso un esame chiamato proprio “espertizzazione”. La forma viene battuta con un apposito martelletto e l’orecchio attento dell’addetto riconosce eventuali difetti interni che possano interferire con la qualità. Le forme che risultano idonee vengono marchiate con l’apposito bollo a fuoco diventando così Parmigiano Reggiano e possono essere commercializzate oppure continuare la stagionatura fino a 24, 36, 40 mesi e anche oltre. Alle forme che non presentano i requisiti della Dop, vengono asportati i contrassegni e i marchi di riconoscimento.
Insomma… storia, disciplinare, materie prime, zona e tecnica di produzione, spiegano bene perché questo formaggio sia considerato il più prezioso fra tutti.
Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.