La cucina romagnola, in particolare della nostra zona, la cosiddetta Bassa Romagna, ha radici contadine fortissime le quali hanno prodotto, nel corso dei secoli, piatti poveri ma saporiti, “costruiti” con pochissimi ingredienti. E’ il caso dei passatelli. Il nostro amico Pellegrino Artusi (chi legge questo blog sa che spesso citiamo dei passi del suo celeberrimo e fondamentale “La Scienza in Cucina e l’Arte di Mangiar Bene”), ne fornisce due versioni: “Eccovi due ricette che, ad eccezione della quantità, poco differiscono l’una dall’altra. Prima: Pangrattato, grammi 100. Midollo di bue, grammi 20. Parmigiano grattato, grammi 40. Uova, n. 2. Odore di noce moscata o di scorza di limone, oppure dell’una e dell’altra insieme. Questa dose può bastare per quattro persone. Seconda: Pangrattato, grammi 170. Midollo di bue, grammi 30. Parmigiano grattato, grammi 70. Uova n. 3 e un rosso. Odore come sopra. Può bastare per sette od otto persone. Il midollo serve per renderli più teneri, e non è necessario scioglierlo al fuoco; basta stiacciarlo e disfarlo colla lama di un coltello. Impastate ogni cosa insieme per formare un pane piuttosto sodo; ma lasciate addietro alquanto pangrattato per aggiungerlo dopo, se occorre. Si chiamano passatelli perché prendono la forma loro speciale passando a forza dai buchi di un ferro fatto appositamente, poche essendo le famiglie in Romagna che non l’abbiano, per la ragione che questa minestra vi è tenuta in buon conto come, in generale, a cagione del clima, sono colà apprezzate tutte le minestre intrise colle uova delle quali si fa uso quasi quotidiano. Si possono passare anche dalla siringa”.
Come sempre, la formula subisce qualche variazione secondo la territorialità (i passatelli sono tipici della Bassa Romagna ma pure delle colline del pesarese e del nord dell’Umbria) e anche del tempo che, trascorrendo, “affina” le ricette rendendole gradite al gusto dei contemporanei. In origine, l’azdora romagnola, spesso in condizioni di quasi totale indigenza, doveva pur mettere qualcosa in tavola prima del ritorno degli uomini dal duro lavoro dei campi. Ecco che allora il passatello nasce, per necessità, dall’utilizzo di pane raffermo, uova e formaggio indurito. Questi elementi venivano amalgamati e poi cotti in un brodo di carne “povera”, di pollo o cappone. E’ questa la semplice ma dignitosa ricetta originale di questa pasta fatta in casa. Il nome “passatelli” (Pasadèl, in dialetto), deriva dal fatto che l’impasto ottenuto viene poi “passato” al “ferro”, lo strumento tipico dal cui utilizzo si ottengono dei grossolani filamenti che saranno poi gettati nel brodo per la cottura. “E fer per i pasadèl” (il ferro per i passatelli) è uno strumento tipico e immancabile in una cucina romagnola degna di questo nome.
Prima di affrontare un paio di ricette, vediamo di capire come si fanno i passatelli e quali sono gli ingredienti che oggi si usano (sempre tenendo conto, come dicevamo, della territorialità che incide sulla composizione e anche delle diverse abitudini delle famiglie). Partiamo dagli ingredienti. Per quattro persone, occorrono: tre uova di gallina; 150 grammi di pane grattugiato finemente; 150 grammi di parmigiano grattugiato; un cucchiaio di farina 0; mezza scorza di limone; noce moscata q. b., sale q. b., pepe q.b. E adesso vediamo come prepararli: su un tagliere, sistemate “a fontana” il pan grattato e la farina e rompete al centro le tre uova. Aggiungete il parmigiano, una grattata di
noce moscata, la scorza del limone, il sale e il pepe. Amalgamate con le mani fino a ottenere un impasto piuttosto compatto. Se necessario, regolate con il pane grattato e il brodo (nel caso di passatelli preparati nella versione più classica). Il composto andrebbe fatto riposare per circa 2/3 ore a temperatura ambiente. Durante tale tempo, lavoratelo di nuovo ogni 20/25 minuti per renderlo elastico e consistente. Quando l’impasto è pronto, dividetelo in tre o quattro “palle”, fate bollire il brodo e, inserendo le forme nel “ferro”, schiacciatele per ottenere dei filamenti rugosi che getterete nel brodo. Poco dopo che il passatello sarà affiorato in superficie, sarà cotto.
La ricetta tradizionale prevede che il passatello sia cotto in brodo di carne. In 4/5 litri di acqua fredda, mettete un quarto di gallina, un pezzo di manzo, un osso di bue, un pezzo di cipolla, un gambo di sedano, una carota, quattro pomodorini freschi. Fate bollire finché la carne non è cotta. Togliete la carne e le verdure e passate il brodo con un colino in una pentola. Aggiungete sale quanto basta. Le varianti prevedono un brodo vegetale o di pesce.
Il passatello può anche essere servito asciutto al pesce, o con pomodorini, con speck e noci, o con le verdure. Se vi cimentate col sugo di pesce, sempre per quattro persone, procuratevi 500 grammi di polpa di pesce tagliata a cubetti (coda di rospo, merluzzo, cernia); 20 gamberi sgusciati; 10 cozze; 10 grammi di pomodorini datterini; due spicchi d’aglio; un bicchiere di vino bianco; un mazzetto di prezzemolo; brodo di pesce q.b.; Olio extravergine di oliva q.b.; Sale q.b.
Procedimento: spurgate le cozze in acqua salata, sciacquatele, eliminate le barbette e mettetele ad aprire a fuoco lento in una padella con un filo d’olio e uno spicchio d’aglio. Quando saranno aperte, toglietele dalla padella, filtrate il liquido e tenetele da parte. Il liquido filtrato mettetelo in un’altra padella con un filo d’olio extravergine sul quale rosolerete il pesce con lo spicchio d’aglio. Aggiungete i gamberi tagliati a pezzi e i molluschi ai quali avrete tolto il guscio. Sfumate con il vino bianco e, una volta evaporato, aggiungete i pomodorini datterini tagliati a pezzetti. Continuate la cottura per mezz’ora, a fuoco lento, aggiungendo un poco di brodo di pesce e regolando di sale, se necessario. Sul fuoco, posizionate una pentola con dentro il brodo di pesce e gettateci i passatelli. Quando saranno venuti a galla, buttateli nella padella del sugo, facendoli saltare un po’. Aggiungete, a vostro gusto, del prezzemolo tritato.
Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.