Se andate in una pescheria, oggi come oggi, potete trovare tanti tipi diversi di pesce, di crostacei e di molluschi, in ogni stagione dell’anno. Non è un male. Tutto questo pescato, anche se proveniente dagli oceani più lontani, è lavorato e conservato a regola d’arte e di certo fa piacere averlo in tavola. Ma, se nel proprio piatto si vuole qualcosa di fresco, di saporito, di appena uscito dall’acqua salata, allora il discorso cambia e bisogna guardare ai prodotti ittici del nostro amato Adriatico e alla loro stagionalità. In quest’articolo ve ne suggeriamo alcuni da mettere in tavola in questa stagione e anche come cucinare una ricetta con ciò che la natura ci mette a disposizione.
Partiamo dai molluschi: i mesi di gennaio, febbraio e marzo sono quelli in cui “poveracce” e lumachine la dovrebbero far da padrone. Quella che noi romagnoli chiamiamo “poveraccia” è la vongola comune: la “Chamelea Gallina”, se volete darle il nome scientifico. Vive nei fondali sabbiosi dell’Adriatico nord-orientale fino a 15 metri di profondità. Viene pescata utilizzando una specie di “draga” idraulica detta “vongolara” ma chi, nei mesi invernali, si diverte a raccoglierle sulla battigia, lo fa con attrezzi rudimentali, spesso di propria produzione (e’ fer dal purazi, e’ zarlein, e’ smenacùl…). La vongola viene chiamata “poveraccia” perché era il cibo che, un tempo, anche i diseredati potevano procacciarsi in riva al mare. Era il pasto dei poveri (assieme a granchi e cannelli), che poteva risolvere tante cene nelle case meno abbienti del riminese… E i mesi da novembre a marzo, sono quelli nei quali le carni hanno un sapore più buono.
La ricetta che vi proponiamo è quella dei “Tajadlot sal Purazi” (“Tagliatellotti” alle vongole), tratta dal sito atlantide.net.
Ingredienti (dosi per 4 persone). Per la pasta: 400 gr. di farina, 2 uova, acqua quanto basta.
Per il sugo: 500 gr. di vongole da sgusciare, 4 pomodori maturi, una cipolla media, uno spicchio d’aglio, otto cucchiai di olio extravergine di oliva, sale e pepe quanto basta.
Come si fa: Preparate la pasta e tiratela fino a ottenere una sfoglia alta un paio di millimetri, quindi tagliate delle fettucce larghe circa mezzo centimetro. Fate un battuto di cipolla e aglio, soffriggete leggermente i pomodori a pezzi e le vongole aperte e sgusciate. Lasciate bollire per venti minuti circa. Cuocete i tajadlot, eliminate circa metà dell’acqua di cottura, quindi versate il sugo preparato.
La lumachina (o lumachino) di mare, il cui nome scientifico è Nassarius Mutabilis, è un altro mollusco da gustare in questo periodo, fra gennaio e maggio. E’ molto diffuso nel nostro Adriatico e, come la vongola, vive nei fondali sabbiosi. Nonostante l’apparenza, è a suo modo un predatore carnivoro: con il suo piede forzuto, riesce a soffocare piccoli animali bivalvi e a nutrirsene. Altrimenti, mangia organismi in decomposizione, facendo pulizia in acqua. Della lumachina esiste anche un’altra specie, l’Hinia Reticulatus, che ha una forma un po’ più allungata, è di colore grigio, con una superficie scabra e non liscia. Eccovi una ricetta per cucinare le lumachine:
Ingredienti: 1/2 kg di lumachine di mare;2 spicchi di aglio rosso;400 grammi di pomodori pelati; 1/2 bicchiere di vino bianco;1/3 di bicchiere di olio extravergine d’oliva; 2 o 3 bastoncini di finocchio selvatico (anche secco); un ciuffetto di prezzemolo; un peperoncino; sale.
Come si fa: lavate le lumachine ripetutamente in acqua e sale e quando l’acqua è pulita risciacquate solo con acqua;mettete le lumachine in una pentola con abbondante acqua e un cucchiaino di sale; lasciatele così per 30/40 minuti in modo che escano un pochino dal guscio e poi accendete il fuoco e lessate per 15 minuti;scolatele e passatele subito in acqua fredda;mettete in pentola le lumachine, l’olio, il finocchio selvatico, l’aglio, il vino, il peperoncino, i pomodori pelati passati e un pochino di sale;cuocete a fuoco medio basso, con pentola coperta ma con un piccolo sfiato, per un’ora;servitele con del pane leggermente tostato.
Passando ai crostacei, da gennaio a marzo, è il momento della canocchia. La canocchia (Squilla mantis), che in altre regioni chiamano pannocchia, pacchero, o cicala di mare è un crostaceo dalla forma allungata che può raggiungere una lunghezza massima di venti centimetri. Ha una corazza bianco-grigiastra con riflessi rosati e con due caratteristiche macchie ovali bruno-violacee sulla coda, simili a occhi, utili per ingannare i predatori e farli attaccare dove lo scheletro esterno è maggiormente resistente. Vive a una profondità che va dai 10 ai 200 metri su fondali costieri sabbiosi, spesso in prossimità della foce dei fiumi. Viene generalmente catturata con le reti a strascico. Questa è la ricetta dei filetti di canocchie al vapore per quattro persone.
Ingredienti: 16 canocchie; un limone; olio extravergine di oliva, sale, pepe, pomodori, insalata fresca quanto basta, una carota.
Come si fa: prendete le canocchie, lavatele sotto acqua corrente e adagiatele all’interno della vaporiera posizionandole con la corazza verso l’alto. Adagiate la vaporiera su di una pentola adatta per la cottura a vapore e fate cuocere per quindici minuti dal momento dell’ebollizione. Terminata la cottura delle canocchie, spegnete il fuoco, aprite la vaporiera e lasciatele raffreddare. Con l’aiuto delle forbici eliminate le zampette sul ventre e sul capo, eliminate tutte le parti pungenti presenti sul corpo e sulla coda, poi delicatamente sollevate la corazza e adagiate le canocchie su di un piatto da portata. Condite con l’olio di oliva e il succo di limone e accompagnate con insalata, carote e pomodori. In alternativa potete servire anche una salsa per canocchie al vapore preparata con un mix di succo di agrumi, olio di oliva ed erbe aromatiche a piacere.
Tra il pesce fresco che fa capolino sul banco della pescheria in questo inizio d’anno, scegliamo di consigliare la mazòla (o mazzola) e i sardoncini. La
romagnolissima mazòla, non è altro che l’italianissima gallinella di mare (Chelidonichthys lucerna), un pesce bianco diffuso dal Mare del Nord alle coste dell’Atlantico, fino al Mediterraneo, all’Adriatico e al Mar Nero. Vive lungo le coste, a profondità che vanno dai venti ai 300 metri, su fondi sabbiosi o ghiaiosi, con temperature che vanno dagli 8 ai 24 gradi. Si tratta di un pesce longevo che può vivere fino a 15 anni. Gli adulti vivono in profondità, solitari o in piccoli branchi. La mazòla è un pesce carnivoro le cui prede variano durante la crescita. Ha una lunghezza tipica di una trentina di centimetri ma alcuni esemplari possono arrivare molto oltre. La testa è grande, ricoperta di placche ossee. Da questa particolare conformazione, deriva il detto romagnolo: “L’ha ‘na testa com una mazòla!” (Ha la testa come una mazzola). Cioè: “E’ una persona con la testa dura o di difficile comprendonio”. Il corpo è affusolato e termina con una grossa pinna caudale. La mazòla è un pesce magro: i grassi sono appena 2-3 grammi mentre le proteine possono arrivare ai 18-20 grammi. Contiene potassio, fosforo, calcio e vitamina D in buone proporzioni. E’ un pesce caratterizzato da carni molto morbide e bianche. E’ indicato in ogni tipo di dieta. La ricetta che vi proponiamo è la mazòla al forno.
Ingredienti: 5 mazòle di mare medie fresche; 2 spicchi d’aglio; 2 rametti di rosmarino; un bicchiere piccolo di vino bianco; 1/2 bicchiere di succo di arancia; 3 cucchiai di olio extravergine d’oliva, sale e pepe.
Come si fa: tagliate con le forbici da cucina tutte le pinne; da una branchia eliminate le interiora e poi con un coltello affilato incidete sul dorso dalla coda alla testa arrivando alla spina centrale. Procedete con un coltello da sfilettare e tagliate pari alla spina da entrambi i lati fino alla testa, eliminandola in un colpo solo. Ungete una ciotola capiente con metà olio, unite ciuffetti di rosmarino, l’aglio affettato fine a lamelle e sistemate le mazòle l’una accanto all’altra. Aggiungete ancora rosmarino, sale e pepe e irrorate il pesce con il vino bianco e il succo di arancia, sigillate la ciotola e lasciate marinare per almeno 2 ore in frigorifero. Accendete il forno a 180 ° statico, rivestite una teglia capiente con carta da forno bagnata e strizzata, ungetela con l’olio rimasto e sistemate le mazòle affiancate, un’altra spizzicata di sale e pepe poi versate sul fondo della teglia qualche cucchiaiata di marinata irrorando anche il pesce. Sigillate la teglia con un foglio di alluminio e infornate, già a temperatura, per circa 15 minuti. Togliete l’alluminio dalla teglia e infornate ancora per qualche minuto affinché le mazòle risultino rosolate e cotte. Servitele calde con il sugo di cottura.
Infine, per il pesce azzurro, non posiamo non affidarci ai sardoncini (in italiano Alici, nome scientifico (Engraulis encrasicolus), che hanno il loro periodo di gloria da novembre ad aprile, prima dell’estate. Questo gustosissimo pesce azzurro, in Romagna viene “religiosamente” gustato con la piadina e altri ingredienti, secondo diverse varianti. Eccovene dunque una ricetta: sardoncini con radicchio e cipolla.
Ingredienti (per sei persone): un chilo di sardoncini freschi; 2 cipolle di Tropea; pane grattugiato; prezzemolo; rosmarino; olio extravergine d’oliva; 2 spicchi aglio; sale e pepe; radicchio. Per la piada: 500 gr di farina 0; 250 ml di latte; 100 gr di strutto; un pizzico di sale; un pizzico di bicarbonato; acqua quanto basta (o 250 ml di latte se la si vuole rendere un po’ più morbida)
Come si fa: preparate i sardoncini per la cottura togliendo ad ognuno la testa, interiora e lisca. Lavateli delicatamente; preparate il condimento in una terrina. Amalgamate il pane grattugiato, aggiungete olio, sale, pepe, prezzemolo, rosmarino tritati e uno spicchio di aglio per fare insaporire i sardoncini nel composto aromatizzato. Adagiateli sulla griglia e procedete alla cottura che dovrà essere breve.
Come si fa la piada: su un tagliere, formate una “fontana” con la farina e, al centro, mettete lo strutto, il bicarbonato e il sale. Aggiungete l’acqua (o il latte) per impastare tutti gli ingredienti fino a formare una palla. Tagliatela a pezzi di uguale misura formando delle palle più piccole che tirerete col mattarello per creare dei dischi di un’altezza massima di circa 4/5 millimetri. Nel frattempo, scaldate il testo di ghisa a fuoco alto sul fornello. Quando il testo sarà caldo, appoggiategli sopra il primo dei vostri dischi di piada e bucherellatelo con una forchetta. Giratelo un paio di volte per circa trenta secondi e, quando la piada sarà cotta, farcitela ancora calda con i sardoncini, la cipolla tagliata a rondelle e il radicchio.
Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.