A noi romagnoli, se ci tocchi il Sangiovese, è un po’ come se ci toccassi la mamma: non si fa. E’ difficile spiegare il rapporto speciale del romagnolo medio con questo vino rosso del territorio. In ogni famiglia romagnola che si voglia definire tale, la bottiglia di Sangiovese ricorda il desco, la riunione attorno alla tavola, il babbo e la mamma che parlano di lavoro e degli altri affari della vita attorno a un piatto di tagliatelle e a un bicchiere di rosso “di quello buono”. Fa parte della vita di tutti i giorni fin dal primo momento in cui si viene al mondo. E hai voglia a dire al romagnolo medio che ci sono dei vini rossi eccezionali in giro per l’Italia e per il mondo e che il Brunello (eccellente vino toscano) è un Sangiovese di gran classe… Per lui il Sangiovese di Romagna sarà sempre imbattibile. Perché il Sangiovese di Romagna è “casa sua”. E quando un romagnolo vi apre la porta della sua casa, state certi che stapperà per voi non una bottiglia di Brunello, di spumante o di champagne, ma un Sangiovese di Romagna Doc di buona annata.
Ma qual è la storia di questo vitigno e del suo nome? Riguardo al nome, si raccontano diverse storie (o leggende?). C’è chi sostiene che “Sangiovese” derivi da San Giovanni; chi da un’uva primaticcia detta “sangiovannina”; chi dal termine latino “jugum” (giogo) con riferimento al giogo che accoppia i buoi all’aratro, oppure alla forma dolce delle colline, tipica del paesaggio collinare romagnolo. Altri raccontano la storia dei frati cappuccini di Santarcangelo di Romagna che nel Seicento ospitarono un papa (o un personaggio di grande importanza). Questi apprezzò il vino offertogli e ne volle conoscere il nome. Siccome un nome non l’aveva, uno dei frati, il più sveglio, pare abbia risposto d’istinto: “Sanguis Jovis” (Sangue di Giove), facendo riferimento alla sua robustezza e al colore. Una variante di questa leggenda racconta che il frate rispose “Sanguis Jovis” perché il vino proveniva da vigne coltivate sul Monte Giove, la collina che sovrasta Santarcangelo.
E’ molto difficile risalire alla provenienza di questo vitigno. Non ci sono notizie certe e attendibili e, quel che si sa, lo si sa a spizzichi e a bocconi. Si dice che fosse già coltivato dagli etruschi e che Plinio il Vecchio, un personaggio che abbiamo già incontrato in diversi articoli di questo blog, ne abbia scritto nella sua Naturalis Historia. La prima informazione certa che abbiamo risale alla fine del 1500 quando Giovan Vettorio Soderini, un agronomo fiorentino nemico dei Medici e per questo esiliato nel paesino di Cedri, vicino a Volterra (dove imparò l’arte dell’agricoltura), scrisse il suo “Trattato della Coltivazione delle Viti e del Frutto che se ne può Cavare”, che sarà pubblicato nell’anno 1600 dalla tipografia di Filippo Giunti, a Firenze. Scrive il Soderini che: “Il Sangiocheto o Sangioveto è un vitigno rimarchevole per la sua produttività regolare”. E, in effetti, ancor oggi possiamo dire che le vigne di Sangiovese offrono una produzione regolare, essendo piuttosto robuste e non temendo più di tanto le intemperie.
Anche il Sangiovese di Romagna, come altri vini romagnoli che abbiamo ricordato in un recente articolo di questo blog, ha avuto un periodo “oscuro”, nel quale veniva prodotto e assemblato con altri vini quasi ci si vergognasse della sua struttura. L’arrivo delle Doc, ha portato i produttori a tornare a un corretto concetto di vinificazione. Oggi il Sangiovese di Romagna Doc può assumere toni fruttati o austeri, più leggeri o eleganti a seconda della zona di produzione ma è un vino con un disciplinare preciso, che in tutto il mondo cercano di copiare. In California e Australia stanno già sperimentando coltivazioni di questo vitigno. Così come in Argentina e in Cina.
A quali cibi possiamo abbinare il Sangiovese? Cominciamo a dire che il Sangiovese di Romagna è un vino a tutto pasto che può accompagnarci da un antipasto rustico di salumi e formaggi, per arrivare fino al secondo e al contorno. Si abbina perfettamente alla pasta al forno e alle paste della tradizione romagnola (strozzapreti, tagliatelle, cappelletti…); alle grigliate e ai tagli di carne pregiata. E, nel riminese soprattutto, non è raro vedere chi gusti il pesce alla griglia con un buon bicchiere di Sangiovese, preferendo quest’ultimo ai tradizionali bianchi.
Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.