Verucchio è uno dei borghi antichi della Valle del Marecchia più interessanti da visitare. Sia per i turisti, sia per i “locali” che abbiano voglia di scoprire qualcosa di più della loro terra. E’ uno dei cinque piccoli centri abitati del riminese che fanno parte del club de “I borghi più belli d’Italia” (gli altri sono San Leo, sempre in Valmarecchia, e Montefiore, Montegridolfo e San Giovanni in Marignano in Valconca). Viene definito la “culla dei Malatesta” perché proprio a Verucchio prese il via questa dinastia che influenzò la vita e l’arte del centro Italia (e non solo), dal Medioevo fino al Rinascimento.
Di cose da fare e da vedere a Verucchio ce ne sono: si potrebbe iniziare da quel piccolo gioiellino d’intelligente conservazione che è il Museo civico archeologico, realizzato all’interno dell’ex monastero di Sant’Agostino. Raccoglie ed espone i reperti provenienti dalle necropoli adiacenti all’antico insediamento villanoviano che si trovava sulla collina dove ora sorge il paese. Stiamo parlando di una civiltà sviluppatasi tra l’anno mille e l’anno settecento avanti Cristo, antesignana e precorritrice della civiltà etrusca. La ricchezza dei reperti, la loro esclusività ed eccezionalità di conservazione (monili in ambra, tessuti e mantelli in lana e lino, cesti in vimini, arredi in legno e offerte in cibo, nonché l’incredibile Trono Ligneo che da solo vale una visita), lo rende uno dei musei di qualità dell’intera zona.
Si potrebbe poi proseguire con le due rocche: la Malatestiana, detta anche Rocca del Sasso, che è una delle più grandi e meglio conservate della Signoria. Costruita intorno al dodicesimo secolo, ha visto il sovrapporsi di successive e sempre più complesse opere di fortificazione e ampliamento. E poi la Rocca del Passerello sulla quale nel milleseicento fu costruito il monastero delle monache di Santa Chiara. Lì vicino potete ammirare la ricostruzione dell’antica porta dalla quale si entra in Verucchio costeggiando le mura di San Giorgio.
E poi la Chiesa Collegiata di San Martino che è stata costruita nel 1863 su progetto degli architetti Antonio Tondini e Filippo Morolli. All’interno ci sono due Crocifissi di legno del XIV e XV secolo e una tela del pittore Francesco Nagli (1600 circa), raffigurante San Martino che dona il mantello al povero.
Ma, se per un attimo abbandonate il desiderio di storia e cultura locali per dedicarvi alle bontà culinarie del luogo, ecco che allora non potete non cercare, negli ottimi ristoranti della zona, un bel piatto di Zavardoun (o Zavardon, o Zavardoni). I Zavardoun sono, infatti, una pasta tipica di Verucchio. Certo, li potete trovare anche a Rimini e nei dintorni ma sappiate che sono una pasta fresca peculiare di questo borgo. Su come siano nati, non ci sono storie e leggende che lo raccontino (almeno, che io sappia). Come per i Maltagliati, potrebbe trattarsi delle rimanenze della pasta che serviva per fare le tagliatelle, alle quali si aggiungevano acqua e farina di polenta. Spessi e grossolani, ognuno è diverso dall’altro. Un piatto povero domenicale della tradizione, ma ricco di gusto.
Come accennato, Gli ingredienti principali sono farina bianca, farina di polenta e acqua. Materie prime semplici da accompagnare, quindi, con un sugo sostanzioso. Quella che segue, è la gustosa ricetta dei Zavardoun con sugo di salsiccia.
Ingredienti per sei persone
350 gr di farina 00
200 gr di farina di polenta
Olio Extra Vergine d’Oliva
Sale
Acqua
Farina extra per lavorare la pasta
200 gr di salsiccia
Una bottiglia di passata di pomodoro
Una cipolla
Una carota
Una costa di sedano
Peperoncino.
Preparazione
Preparare il sugo facendo soffriggere carota, cipolla e sedano in poco olio ai quali va poi aggiunta la salsiccia spellata a pezzettini. Una volta che si è ben rosolata, aggiungere la passata di pomodoro, peperoncino e salare al bisogno. Proseguire la cottura a fuoco basso per almeno 30 minuti.
Passare ai Zavardoun: su un tagliere, creare una fontanella con i due tipi di farina, un pizzico di sale, un cucchiaio d’olio e pian piano aggiungere acqua tiepida per ottenere una pasta soda ma elastica e morbida. Stendere la pasta con il mattarello fino a ottenere una sfoglia abbastanza spessa. Con la rotella tagliare dei rombi che vanno poi disposti su della carta forno infarinata fino alla cottura in acqua salata. Cuocere i Zavardoun per 8-9 minuti in acqua per poi condire con il sugo.
Nel caso alcuni Zavardoun cotti dovessero avanzare, passateli in padella con un filo d’olio extra vergine d’oliva o gratinateli in forno con del parmigiano. Peccato buttare una pasta così!
Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.