La lavorazione delle Carni
La versatilità alla lavorazione delle carni di maiale consente di manipolarle come nessuna altra carne e permette alla cucina di usarle sia fresche che conservate. L’insaccatura costituisce un metodo di conservazione molto efficace fin dai tempi quando non si poteva contare sul freddo. L’aggiunta di sale e spezie di vario genere permetteva alle carni di conservarsi e acquistare aromi e sapori caratteristici per ogni tipo di insaccato. Un altro metodo di conservazione è la salatura, come per il prosciutto o il guanciale. La raffinazione dei sapori degli uni e degli altri, è dovuta alla stagionatura maturata in ambienti aerati e secchi.
La parte grassa della carne gioca un ruolo fondamentale per quanto riguarda il mantenimento della morbidezza e dei sapori di questi derivati. Infatti il grasso è molle per sua natura e i componenti aromatici degli oli essenziali tendono a diffondersi uniformemente nella parte grassa e così dopo la stagionatura avremo un prodotto finito che somma gli aromi di tutte le spezie aggiunte.
Per produrr
e un salume insaccato, come ad esempio un salame, è necessario preparare innanzitutto le carni, pulendole dalle parti tendinee, macinandole ed addizionandole di sostanza grassa che conferisce la tipica occhiatura del salame.
Durante l’impastatura vengono aggiunti gli ingredienti come il sale, che funge da esaltatore di sapidità e conservante, e le spezie, anch’esse dotate di una duplice funzione: gli oli essenziali delle spezie, oltre a dare l’aroma, sono dotati di forte proprietà antibatterica.
Nella produzione domestica di salumi non si fa uso di alcun additivo, solo sale, spezie e… tempo!
La scelta delle carni e degli ingredienti, ma soprattutto il modo di riempire il budello senza che vi siano sacche d’aria e una stagionatura in ambiente secco e aerato è sufficiente per mantenere e conservare il salume che si appropria di una inconfondibile qualità impossibile da raggiungere con gli industriali. La produzione industriale e quella artigianale hanno dei trattamenti che sono comuni come cottura, affumicamento, ingrassamento, speziatura, salatura e impastatura.
Al momento dell’impastatura delle carni c’è la diversificazione tra produzione industriale e domestica: la lavorazione industriale prevede l’aggiunta di una serie di additivi che devono garantire al prodotto determinate caratteristiche.
Quello che non si fa in casa sono i processi di fermentazione pilotata e l’aggiunta di additivi; tutto ciò ha lo scopo di migliorare non solo la conservabilità del prodotto finito, ma anche il suo aroma, la sua colorazione, che deve rimanere simile a quella della carne fresca, la sua consistenza e la sua salubrità. Il prodotto finito industriale deve essere sempre uguale nel tempo e soprattutto gradevole alla vista. Una caratteristica essenziale quella del colore e non sembra che sia di poco conto perché siamo vincolati dalla bellezza e dall’apparenza anche quando non serve, il suo potere di persuasione ci obbliga a mangiare più con la vista piuttosto che col gusto.
Per ottenere dei salumi con le caratteristiche di cui sopra va standardizzato il processo di lavorazione nei tempi e nelle misure e curata in modo particolare la selezione dei microrganismi aggiunti per guidare la fermentazione. Quando si faceva il salame in casa non si utilizzavano sostanze che innescano la fermentazione, gli starter microbici, ma si sviluppava una flora microbica spontanea. In campo industriale, per garantire la ripetibilità organolettica dell’alimento è invece necessario utilizzare ceppi batterici selezionati.
Gli additivi
Al salume insaccato si possono aggiungere antiossidanti, come acido ascorbico o vitamina C, oppure i tocoferoli, niente altro che il gruppo della vitamina E, che impediscono l’irrancidimento. Negli insaccati crudi e in quelli cotti possono essere addizionati anche i polifosfati che trattengono l’umidità e mantengono morbido il prodotto; i polifosfati nel prosciutto cotto permettono di mantenere più compatta la
massa carnea, che altrimenti tenderebbe a sfaldarsi con la cottura. L’impiego di polifosfati trattiene sì l’acqua che permette di mantenere il prodotto morbido ma consente al produttore di monetizzare l’acqua trattenuta nel salume, cioè pagate l’acqua al prezzo del salume!
Vengono usati anche zuccheri come il destrosio, il lattosio o il saccarosio, il comune zucchero da cucina, aggiunti per migliorare il sapore del salume o come substrato per gli starter microbici.
Se trovate un salume che contiene lo zucchero lasciatelo dove si trova, c’è da chiedersi immediatamente sulla qualità delle carni!
Il latte in polvere e i caseinati, derivati sintetici del latte, danno invece consistenza e omogeneità al prodotto e vengono aggiunti nei wurstel o nella mortadella.
I conservanti di elezione dei salumi sono i nitrati e i nitriti.
Vi siete mai chiesti perché la carne degli insaccati industriali non imbrunisce ma resta sempre di un bel rosso vivo? Il merito è proprio dei nitriti che impediscono la degradazione della emoglobina, l’artefice del tipico colore rosso, e così i salumi rimangono più gradevoli alla vista. Immaginatevi un salume dal colore come la porchetta che non contiene nitriti e confrontatelo con quello del prosciutto cotto che ne ha: è certamente più bello da vedere il prosciutto cotto. I nitriti nello specifico servono per mantenere il colore rosso negli insaccati solo come funzione secondaria. Invece svolgono un ruolo fondamentale per impedire l’eventuale germinazione delle spore del botulino. Queste sviluppano una tossina molto pericolosa che potrebbe risultare mortale per l’uomo. In questa situazione nessuna azienda è disposta a rischiare la salubrità del prodotto e, come prevede la legge, aggiunge ai salumi crudi i nitriti che sono utilissimi allo scopo ma risultano essere dannosi al nostro organismo come allergenici e potenziali cancerogeni dato che sviluppano le nitrosamine, accusate di cancerogenicità. Per fortuna queste ultime sono fortemente ostacolate dall’acido ascorbico, o vitamina C, molto presente nella nostra alimentazione. Gli alimenti più ricchi di tale vitamina sono la frutta fresca come gli agrumi, l’ ananas, il kiwi, le fragole, le ciliegie; le verdure fresche: lattuga, radicchi, spinaci; alcuni ortaggi freschi: broccoli, cavoli, cavolfiori, pomodori, peperoni; i tuberi come le patate soprattutto novelle.
L’involucro
Era compito delle donne di casa preparare i budelli usati per riempire le carni impastate. Il rivestimento degli insaccati industriali può essere di tipo naturale o sintetico. Quello naturale è costituito da organi cavi, porzioni di essi o pelle di origine animale; alcuni esempi classici sono l’intestino tenue e crasso, la vescica lo stomaco e la cotenna. Non sempre questi rivestimenti provengono dal maiale e vengono usati gli intestini del vitello e del cavallo.
I rivestimenti per gli insaccati, ovviamente, non vengono utilizzati come sono ma è necessario svuotarli, togliere il muco, lavarli, sgrassarli, sanificarli ed eventualmente salarli, affumicarli o asciugarli. La cotenna va raschiata per eliminare tutte le setole superflue.
Nell’industria sono impiegati frequentemente i budelli di cellulosa, di collagene e i budelli collati.
I budelli di cellulosa sono di origine prevalentemente vegetale ma di sintesi, che contengono anche materiali plastici al fine di renderli più resistenti; ne esistono anche di plastica termosaldati per sottovuoto, entrambi non sono commestibili.
I budelli di collagene sono commestibili e vengono utilizzati principalmente nei prodotti con carne cotta. Si ricavano dalla lavorazione della pelle e delle ossa.
I budelli collati sono di produzione fondamentalmente estera, provenienti da ritagli di intestino sovrapposti ed incollati.
Nato a Misano Adriatico (RN) nel 1951, mi sono diplomato come perito chimico industriale nel ’70 e laureato in farmacia nel ’74.
Ho collaborato per 3 anni con le farmacie di Riccione, per essere poi assunto nel settore ospedaliero, settore analisi e trasfusioni di sangue.
Ad oggi, mi occupo di diagnostica per immagini nel settore veterinario.