Dite la verità: quanti pranzi o cene avete risolto nella caldissima estate appena passata con una bella mozzarella fresca e una croccante insalatina mista? Lo so, tanti… Beh… non sentitevi cuochi di poco conto per questo. Sappiate che non eravate i soli. Anzi, in tutto il mondo ormai si consuma questo formaggio così pratico e veloce da mettere in tavola, originario del centro e sud d’Italia. Non solo lo si consuma, purtroppo lo si imita come spesso succede per i prodotti di qualità dello Stivale.
Il nome “mozzarella” deriva dal modo in cui il casaro taglia la “testa” della pasta filata ottenuta dalla cagliata. In
effetti, in alcuni luoghi prese originariamente il nome di “mozza”. Scrive nel 1557 il medico e botanico senese Pietro Andrea Mattioli: “… Quella di bufala… che noi chiamiamo mozza e a Roma si chiama primatura, è al gusto dilettuolissimo et dolce, ma molto più grasso et più uiscoso di ciascun altro”. A Roma si chiamava primatura perché quella sfera di cacio era una “prova”, cioè una parte della pasta filata ricavata per testare la qualità del formaggio.
Sia come sia, ormai il nome “mozzarella” è davvero universale. Può essere di latte vaccino o di bufala campana. Nel primo caso può essere denominata “mozzarella di latte vaccino” o “fior di latte”. Due denominazioni che l’Unione europea riconosce e che fanno della mozzarella vaccina una specialità tradizionale garantita (STG), cioè che si distingue nettamente da altri prodotti simili. La “mozzarella di bufala campana” è una Dop (prodotto a Denominazione d’Origine Protetta) ma se trovate sulle confezioni le scritte “mozzarella di latte di bufala” o “mozzarella di latte bufalino”, queste non sono Dop. Occorre, dunque, fare una certa attenzione.
La mozzarella è davvero leggera da mangiare? Un formaggio leggero ha tra il 20% e il 35% di grassi e uno magro meno del 20%. La mozzarella sarebbe un formaggio medio grasso perché contiene il 44/47% di grasso ma sulla sostanza secca (cioè sul peso al quale viene sottratta l’acqua). Maggiore è la percentuale di umidità del formaggio (e la mozzarella è decisamente umida), minore sarà l’impatto della percentuale di grasso. Insomma, la percentuale di grassi della mozzarella va relativizzata e per questo possiamo parlare di un formaggio non così grasso. Contiene 265 calorie l’etto (288 quella di bufala) accompagnate da 54,80 grammi d’acqua (55,50 quella di bufala); 20,60 grammi di proteine (16,70) e 20,30 grammi di grassi (24,40).
La mozzarella andrebbe consumata un paio di volte la settimana visto che è ricca di proteine animali; di sali minerali (contiene il 43% della dose giornaliera consigliata di fosforo) e soprattutto di calcio. Per la forte presenza di quest’ultimo elemento viene consigliata alle donne in menopausa, quando le variazioni ormonali fanno sì che le ossa perdano il calcio provocando l’osteoporosi, cioè un progressivo assottigliamento delle ossa che facilita le fratture (in particolare dell’anca, della colonna vertebrale e del polso). Al contrario di quanto comunemente si è portati a credere, la mozzarella vaccina è più ricca di calcio rispetto a quella di bufala (500 milligrammi l’etto contro 210). Il fabbisogno giornaliero di una donna adulta è di circa 800/1000 milligrammi; se in menopausa da 1200 a 1500 milligrammi. Dunque, in questo caso, la mozzarella offre un aiuto considerevole. La mozzarella di latte vaccino ha anche la sua versione “light”, molto in voga in questo periodo. In effetti, è da consigliare se si soffre di colesterolo; se si è a dieta o se si vuole stare davvero leggeri. La mozzarella light contiene quasi 50% dei grassi in meno rispetto alla vaccina tradizionale. In un etto: 11,70 grammi di grassi per 164 calorie. Risulta, dunque, anche più digeribile.
Oltre a quelle di mucca, di bufala e light, il mercato è stato inondato da tante tipologie diverse di mozzarelle.
Una diversificazione che vuole andare sempre più incontro al gusto degli acquirenti che, come insegnano le leggi di mercato, va sempre solleticato con nuove proposte. Nei banconi frigoriferi dei supermercati si iniziano a vedere mozzarelle di latte di capra (per chi non digerisce il latte vaccino). E ancora: mozzarelle di latte di pecora; senza lattosio; vegane; affumicate. Cambiano poi anche le forme: alla tradizionale “palla” oggi si affiancano la forma a “perlina” (fino a 10 grammi); la ciliegina (fino ai 24 grammi); l’ovolina (tra 25 e 50 grammi); il bocconcino (tra 50 e 80 grammi); il nodino e “l’otto” (fra i 125 e 250 grammi); la treccia (fra 250 e 500 grammi). Esistono anche la “mozzarellona” (una grande forma tonda il cui peso può variare da uno a cinque chili) e la “figliata”: una palla di mozzarella di bufala che al proprio interno contiene delle mozzarelle ciliegine adagiate sul letto di panna. E, per finire, la burrata: una pasta filata della mozzarella che funge da involucro con, all’interno, una stracciatella di mozzarella morbida e cremosa amalgamata con la panna. La parte esteriore ha un sapore più delicato e una consistenza più elastica, quella interiore è molto più morbida e sapida ma, vista la presenza della panna, anche più calorica. Insomma, c’è da sbizzarrirsi. Pure troppo.
Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.